Sarà pubblicata solo il 18 giugno ma il Vaticano ha fatto sapere che sarà «Laudato sii» il titolo dell’attesissima enciclica socio-ecologica di papa Francesco. Non sorprende che il pontefice che porta il nome, primo nella storia, del santo di Assisi, usi un verso del celebre Cantico delle creature come incipit della sua seconda enciclica del pontificato, la prima scritta solo da lui, dopo quella sulla fede, la «Lumen fidei» del giugno 2013, composta a quattro mani con Benedetto XVI che già aveva cominciato a lavorarvi al momento dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio.
La vera sorpresa sta nell’uso come incipit ufficiale di una enciclica di un versetto in lingua volgare, e non il più classico e solenne latino, lingua dei documenti ufficiali della Santa Sede. In passato ordinariamente le encicliche venivano scritte direttamente in latino. Più di recente sono state scritte in italiano, oppure in polacco e in tedesco con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e poi tradotte nella lingua di Cicerone. In caso però hanno sempre preso il titolo dalle prime parole della loro versione in lingua latina.
Ma è anche vero che in passato vi sono state encicliche scritte, e quindi titolate, in lingua volgare. È stato il caso di alcune encicliche riguardanti il potere temporale del papa e pubblicate in momenti particolari della vita dello Stato Pontificio: come ad esempio «Il trionfo» di Pio VII nel 1814, indirizzata a tutti i suoi sudditi per ringraziare Dio della libertà riconquistata dopo quasi cinque anni di prigionia imposta da un Napoleone ormai sconfitto e confinato all’isola d’Elba, «Quel Dio» e «Le armi valorose» di Gregorio XVI nel 1831, entrambe tese ad evidenziare la soddisfazione del Pontefice per la conservazione dell’integrità dello Stato Pontificio e quindi del potere temporale.
Oppure è stato il caso di lettere circolari indirizzate dal papa a determinati episcopati e pubblicate nella lingua dei vescovi destinatari. Così se Pio IX scrisse tutte le sue 41 encicliche in latino, il suo successore Leone XIII su 86 ne scrisse cinque in italiano e due in francese, rivolte ai rispettivi episcopati. Così Pio X su 16 encicliche ne scrisse due in italiano e una in francese, sempre esplicitamente rivolte ai rispettivi episcopati. E se Benedetto XV scrisse 12 encicliche tutte in latino, Pio XI su 30 ne scrisse una in italiano («Non abbiamo bisogno» del 1931) e una in tedesco (la celebre «Mit brennender Sorge» contro il nazismo del 1937).
E forse è proprio quella del 1931 scritta da papa Achille Ratti («Non abbiamo bisogno») in reazione allo scioglimento dell’Azione cattolica da parte del regime fascista l’unico precedente di enciclica indirizzata ai vescovi di tutto il mondo e scritta in volgare.
Tutte le 8 encicliche di Giovanni XXIII, le 7 di Paolo VI, le 14 di Giovanni Paolo II e le 3 di Benedetto XVI hanno avuto il titolo in latino. L’ultima enciclica a non averlo avuto nella lingua ufficiale della Santa Sede si deve a Pio XII, che ne scrisse 41. Firmata il 2 luglio 1957, era dedicata ai pellegrinaggi di Lourdes ed era espressamente rivolta all’episcopato francese.
Ora arriva l’attesissima «Laudato sii»: titolo non latino per una enciclica destinata a tutto il mondo, cattolico e non.