«BAGNA E TORCI… BAGNA E TORCI!»: è con queste parole che la Beata Vergine Maria Santissima delle Grazie esortava una giovinetta dei Vignai, quartiere di Casale di Carinola, a risciacquare con poca fatica tutti i panni che le faccende domestiche le imponevano di lavare; mansioni affidatele dalla propria matrigna quasi fosse una navigata donna di servizio mentre invece era poco più di una bambina, una bambina di appena dodici anni. Antonietta Fava, questo il suo nome, aveva come unica colpa, se tale possiamo definirla, quella di essere la figlia del primo matrimonio del padre e quindi non era certo la preferita agli occhi della madre-matrigna: proprio perciò le venivano assegnati lavori sempre più impegnativi che la costringevano a fare le ore piccole in aperta campagna per lavare i panni nei pressi di un ruscello – a quei tempi le fontane pubbliche erano un lusso riservato solo ai centri abitati più importanti. Ed è proprio mentre attendeva a queste incombenze presso il ruscello che scorreva a S. Maria a Pisciariello (estremo lembo nord di Casale, allora zona periferica) che una “dolce Signora”, così ebbe modo di definirla ella stessa in un primo momento, armata solo di un lumicino che le illuminava la strada, cominciò a farle compagnia, alleviandole la fatica con la sua presenza e il miracoloso incitamento « Bagna e torci… Bagna e torci, figlia mia!».
Il tutto andò avanti per parecchio tempo, fino a quando la “dolce Signora” si palesò e dichiarò la propria volontà con queste parole: «Bramo in questo luogo dove ora è la mie effige, una chiesa, affinché riverita da quel popolo con più decoro abbia io maggior motivo di far loro sperimentare gli effetti della mia sovrana protezione» (dallo Zodiaco di Maria, opera di padre Serafino Montorio, 1715).
Questa è in estrema sintesi la ricostruzione, quanto essa sia EFFETTIVAMENTE STORICA lo vedremo in seguito, dell’apparizione della Madonna a Casale di Carinola, evento che fa sì che questo piccolo paese del sud Italia possa essere considerato, senza tema di smentita alcuna, una Lourdes ante litteram, la città francese nota per l’apparizione della Madonna nel 1858 a Bernadette Sobirous, o una Fatima in piccolo, o anche potremmo equipararla al Santuario di Nuestra Señora de Aparecida in Brasile, o comunque a qualsiasi altro luogo nel mondo che annovera un’apparizione Mariana.
Fino al 1951 il santuario di S. Maria a Pisciariello fu lasciato in condizioni di abbandono: nonostante fosse sede dell’antichissimo culto popolare dedicato a Maria Santissima delle Grazie, soltanto occasionalmente era meta dei Casalesi che vi si recavano solo un paio di volte l’anno per la festa del Martedì in Albis e del 2 luglio, festa appunto delle Grazie.
Allo stato di semi-abbandono contribuiva la consapevolezza che quel luogo era stato usato anche come cimitero pubblico e quindi incuteva una sorta di timore riverenziale, insieme all’effettiva ripulsa che se ne aveva a causa dello stato igienico, che definire non ottimale è un eufemismo.
Si avvertiva l’esigenza di fare una decisa opera di abbattimenti-ricostruzione-restauro che desse la meritata lucentezza a un gioiellino per troppo tempo abbandonato nella polvere.
Ora, per inciso, c’è da osservare che fin dall’immediato dopoguerra la situazione dell’Italia intera non era certo rosea e l’eterna fame di lavoro nel periodo post-bellico era più acuta che mai (qualcuno può forse affermare che si sia mai sopita?), la gente faticava a sbarcare il lunario e mettere insieme il pranzo con la cena era diventato un rebus quasi irrisolvibile.
Mettendo insieme questi due ingredienti e combinandoli con la solerzia e voglia di fare di don Gicando Giuseppe Struffi, parroco di Casale di Carinola dall’inizio del 1942, che come ogni buon curato si preoccupava per i suoi figli spirituali, si ebbe come risultato un vero e proprio cantiere edilizio per disoccupati, stipendiati dallo Stato e al servizio della Fede.
Fu durante questi scavi, improvvisati forse e senza un’accurata progettazione iniziale, che vennero riportati alla luce in maniera casuale, tutte le scoperte più importanti avvengono in tal guisa, svariate pitture su parete e un quadro su tufo di cui si favoleggiava e di cui era stato letto ma che nessuno aveva mai veduto.
Era questa la sacra immagine di Colei che incitando la giovane Antonietta Fava col famoso «Bagna e torci!» era diventata a buon diritto ancor più protagonista della venerazione dei Casalesi e viepiù destinataria di un culto già esistente da secoli. Ecco la prova dell’effettiva storicità dell’antico culto, niente più tradizioni basate su favole o leggende: la Vergine Maria aveva effettivamente visitato questo luogo? In ogni caso era a lei che, secondo la vulcanica mente del beneamato don Struffi, doveva essere destinata una corona d’oro, oro offerto dai fedeli e appositamente raccolto da una commissione, spettante alla vera Regina di Casale di Carinola.
Ma quando ci fu l’apparizione? Intorno al 1700 come farebbero pensare le ricostruzioni storiche operate dal dott. Ferdinando Maina, che combinando gli esistenti registri battesimali parrocchiali e gli anni di reggenza della diocesi di Carinola da parte del mons. Paolo Airola, vescovo fino al 1702, colui cioè che autorizzò la costruzione della chiesetta? O al 1500 come dimostrerebbe il successivo ritrovamento di un affresco sul muro del lato destro della chiesetta stessa, dipinto recante la data del 1528 e riemerso successivamente alle indagini del compianto dott. Maina? O addirittura al 1300 visto che il prof. Pacini, Sovrintendente alle Belle Arti a cavallo tra gli anni 60 e 70 e chiamato a esaminarlo dopo il rinvenimento, definì quei tratti bizantineggianti appartenenti a quel periodo? Certezza assoluta non si può avere, ma l’apparizione c’è stata e c’erano vari elementi a dimostrarlo, mancava solo il sigillo Papale per dare ufficialità ad una semplice tradizione che aveva trovato le sue fondate basi storiche e questo non mancò: la «Piccola Lourdes», come amava definirla il compianto parroco Struffi, ebbe l’imprimatur ufficiale con l’incoronazione che ebbe luogo con solenne cerimonia del 7 agosto 1960 presieduta da Sua Eminenza Cardinale Santiago Luis Copello segretario della Dataria Apostolica e alla presenza di quattro eccellentissimi Vescovi, mons. De Cicco vescovo di Sessa Aurunca, mons. Baccarini arcivescovo di Capua, mons. Gargiulo vescovo ausiliare di Gaeta, e mons. Sperandeo vescovo di Teano. Come introduzione al momento culminante della cerimonia vi furono le commosse parole del parroco Struffi, vero deus ex machina dell’iniziativa:
«Rispondetemi o diletti Casalesi: È forse un sogno? No! È una realtà, una dolcissima realtà. Gaudeamus».
È possibile aggiungere altro per descrivere il giubilo di un popolo intero, fiero anche della consapevolezza di prendere parte a un evento storico? Insieme al quadro di tufo, venne incoronata anche una statua di Maria Santissima delle Grazie, statua di provenienza privata e donata alla Parrocchia.