Il 24 luglio del 1501 si verificò il triste episodio del “Sacco di Capua”, perpetrato delle truppe mercenarie capeggiate dal generale francese Bernard d’Aubigny e al soldo di Cesare Borgia (figlio di papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia) che si abbandonarono a una strage solo per il sadico gusto del sangue visto che ormai l’obiettivo militare era stato raggiunto.
Cesare Borgia era nato nel 1475 circa (nemmeno il luogo è certo), e a sette anni fu nominato protonotario apostolico e arcivescovo di Játiva – una cittadina della Spagna, nella provincia di Valencia -, a diciassette, dopo aver studiato a Perugia e a Pisa ed essersi laureato in diritto canonico, fu creato arcivescovo di Valencia e a diciotto cardinale. Ambiziosissimo (il suo motto era infatti “Aut Caesar aut nihil”, “O Cesare o nulla”), era preoccupato soprattutto della propria fortuna politica e progettava di costituire per sé nell’Italia centrale, spalleggiato da suo padre il papa, una forte Signoria ereditaria con i possessi della Santa Sede e dei Signori che ne occupavano i feudi. Nel 1499 sposò, dopo aver rinunciato alla porpora l’anno precedente, Carlotta d’Albret, sorella del re di Navarra e cugina del re di Francia, e perciò divenne duca di Valentinois (donde il nome italiano, con cui fu maggiormente conosciuto, de il Valentino). Divenne Gonfaloniere e Capitano Generale dello Stato Pontificio e organizzò una seconda spedizione in Romagna (autunno 1500). Cacciò da Rimini Pandolfo Malatesta, occupando Pesaro, Faenza e tutta la Romagna di cui fu fatto duca dal padre Alessandro VI. Era il maggio del 1501.
Dopo aver minacciato Firenze, occupò Piombino divenendone signore: a questo punto Cesare Borgia accostando ai motivi personali, quali la vendetta verso il re di Napoli Federico d’Aragona per avergli rifiutato in moglie la figlia Carlotta, l’ambizione di estendere il suo potere ad un regno così forte, assediò la città di Capua: questa era ricca e potente, oltre che situata in una posizione strategica militare e politica del Regno.
Il 12 luglio del 1501 cominciò l’assedio e Capua, essendo abbastanza protetta dal fiume e dalle mura, riuscì a resistere per qualche giorno e si difese fino allo stremo delle forze: tra i nomi più illustri, ricordiamo ad esempio quello di Ettore Fieramosca, difensore di Calvi, e di Fabrizio Colonna, difensore della stessa Capua. La città fu costretta a barattare la resa per una taglia di 40000 ducati da pagare entro le ore 15 del giorno 24 luglio (erano questi i termini dell’ultimatum imposto dal Borgia): prima dello scadere del termine stabilito e dopo aver finto intenzioni pacifiche, quando la maggior parte dei soldati erano dentro la città, Cesare Borgia, al centro della piazza Giudici, diede il segnale d’inizio alla strage. Alcune fonti parlano di 2.500 morti, altre addirittura di 5.000: fatto sta che non si ebbe pietà né per bambini, né per donne, anzi molte di queste pur di non essere violentate preferirono gettarsi nel fiume.
Questo episodio segnò la fine della dinastia d’Aragona nell’Italia Meridionale.
Ancora oggi, nei giorni successivi al 24 luglio, si celebrano messe di suffragio di quanti furono massacrati in quei giorni. Testimonianze di quello scempio possiamo trovarle su una lapide commemorativa del 24 luglio del 1901 presso la chiesa di S. Maria delle Grazie (o della Santella), e una cappella chiamata Cappella della Morte è stata eretta sulla strada che porta a S. Angelo in Formis.
——