Il 18 aprile del 1948, esattamente 70 anni fa, gli italiani furono chiamati a votare per la prima volta dopo l’entrata in vigore della Costituzione. E tutti, uomini e donne, poterono esprimere il loro voto politico: per le donne era la prima volta dopo il Referendum del 2 giugno. Ai seggi si recarono il 92% degli italiani, quasi 27 milioni di persone e il responso delle urne parlò chiaro: il 48,5% degli Italiani votò per la Democrazia Cristiana.
Ma quali erano le forze in campo e quali i protagonisti?
A fronteggiarsi, tanto nelle piazze quanto nelle urne, sono in realtà due modelli opposti di governo: da una parte la Democrazia Cristiana del Primo Ministro uscente Alcide De Gasperi, dall’altra il Fronte Democratico Popolare, lista unitaria della sinistra comprendente il Partito Comunista di Palmiro Togliatti e il Partito Socialista di Pietro Nenni. Formazioni minori come i socialdemocratici, i liberali, i monarchici e i missini vanno a completare un quadro politico piuttosto variegato.
La posta in gioco, si dice, è alta: il voto degli italiani stabilirà non solo a quale forza politica affidare il governo nella I legislatura repubblicana, ma soprattutto a quale schieramento internazionale appartenere: il blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti o quello orientale dominato dall’Unione Sovietica? L’unità tra le forze antifasciste risultate vittoriose sul Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale ha lasciato il posto ad una dura contrapposizione ideologica tra le due superpotenze, tant’è vero che il biennio 1947-‘48 segna l’avvio ufficiale della Guerra Fredda, una competizione non direttamente armata tra Washington e Mosca per la supremazia mondiale.
Insomma se dell’aggettivo storico si abusa esageratamente in ogni occasione, in questa sì può affermare senza téma di smentita alcuna, che la STORIA quel 18 aprile era veramente a un bivio.
La campagna elettorale si tiene a tutto campo: nelle piazze riempite dai comizi dei leader e nelle strade tappezzate di manifesti, simboli di partito e slogan ad effetto. Celebre è quello dello scrittore Giovannino Guareschi: «Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no». Ideato per convincere gli elettori cattolici a dare preferenza alla DC piuttosto che al Fronte, gioca su una comunicazione fortemente emotiva. Il rischio che la Sinistra possa affermarsi alle urne spinse anche la Chiesa cattolica ad intervenire. Papa Pio XII promuove la creazione dei Comitati Civici guidati da Luigi Gedda, i quali risultano fondamentali per la mobilitazione delle masse cattoliche in ogni diocesi del Paese.
Il responso delle urne è dirompente: la Democrazia Cristiana ottenne la maggioranza relativa dei voti, il 48,5%, e quella assoluta dei seggi, ben 305 alla Camera dei Deputati. Il Fronte Democratico si ferma al 31% conquistando 183 seggi. Le sinistre scontano anche la spaccatura interna ai socialisti, consumatasi l’anno prima con la scissione di Palazzo Barberini e la nascita del Partito Social Democratico di Giuseppe Saragat (la lista di riferimento, Unità Socialista, prende il 7%).
Grazie ad una propaganda efficace e alla prospettiva di immediati aiuti economici dall’America, la DC vede raddoppiare i suoi voti rispetto a due anni prima, quando si era votato per l’Assemblea Costituente. Con la maggioranza assoluta, De Gasperi, pur avendo i numeri per governare da solo, preferì avvalersi dell’appoggio di socialdemocratici, liberali e repubblicani per rinforzare l’azione dell’esecutivo – anche perché al Senato dipendeva ancora dai voti degli oltre 100 senatori “di diritto”, in quanto perseguitati dal regime fascista (per la maggioranza vecchi liberali) in basa alla III disposizione transitoria della nuova Costituzione.
A seguito del 18 aprile e con l’elezione di Luigi Einaudi come primo Presidente della Repubblica, il 12 maggio, il governo De Gasperi V si insedia con pieni poteri. Più in generale, si apre la lunga stagione politica del centrismo caratterizzata da un’egemonia democristiana e dall’opposizione social-comunista.