Continua su Sky la serie Gomorra che racconta la storia di un clan della camorra. Ed è alla sua terza edizione. Nata da un’idea di Roberto Saviano pone l’obiettivo su Scampia, Napoli, Secondigliano naturalmente. Ma questa volta il campo di ripresa si allarga e raggiunge una dimensione nazionale con esplicite connessioni internazionali.
Ieri sera sono andate in onda le ultime due puntate della terza serie, che io, non avendo l’abbonamento, non ho ancora visto. Comunque qualcosa la possiamo già dire.
Quest’anno il lancio della nuova stagione è stato per la prima volta affidato alla distribuzione cinematografica. E la scelta della produzione è stata un grande successo al boxoffice. Le prime due puntate della terza serie di Gomorra hanno, infatti, raggiunto la vetta delle classifiche di vendite. Davanti a tutti gli altri film in cartellone.
Gomorra è una storia criminale, come tante altre in fondo, ma di grande successo. Il suo propellente maggiore è l’ambiente in cui si sviluppa. Non ci sono mezze tinte, c’è solo il nero più cupo ed il chiarore accecante, irreale, acidato come un trip di altri tempi, con le “gomorroiche” riprese che imprigionano letteralmente i personaggi nella storia.
Nuovi personaggi quest’anno si sono aggiunti a quelli che il folto pubblico ha imparato a conoscere nelle serie precedenti. Quest’anno è la volta di un nutrito clan giovanile che intraprende una serrata lotta per la riconquista dei traffici nel centro della città. Ce la faranno? Davvero non vi so dire.
Da segnalare quindi nella narrazione l’ingresso anche di Napoli centro come luogo in cui si sviluppa la storia. E Napoli è una location naturalmente perfetta per la storia, nemmeno il grande Francis Ford Coppola, con la sua maniacale passione per i dettagli, sarebbe riuscito a costruire meglio.
Le scignetelle di Secondigliano provano a scalzare la vecchia camorra, con l’apporto, strategico, militare e logistico, di Ciro e Genny. I personaggi non vivono ma sono proiettati verso l’inferno, in fuga da un presente ineluttabile da cui sembrano incapaci di sottrarsi in nome di vecchi fantasmi del passato ed un futuro senza speranza.
“Gomorra” è solo l’ultimo titolo, il più aggiornato, della libreria su cui si formeranno le nuove generazioni criminali che abiteranno le nostre terre e condizioneranno pesantemente tante possibilità di sviluppo e di progresso della nostra terra. Si aggiunge a classici evergreen come “Il Padrino”, “C’era una volta in America”, o il più recente “Romanzo Criminale”, ecc.
Spicca nelle prime puntate l’assenza dello Stato ed il completo controllo del territorio da parte di bande organizzate per delinquere, foraggiate dagli enormi interessi economici che ruotano, soprattutto, intorno al traffico degli stupefacenti.
Il veleno che alimenta il tutto è nell’aria e dentro le persone, che non hanno nessuna idea di che cosa significa vivere normalmente. Ma è troppo numerosa la gente che vive nella nostra terra in questa condizione. Troppo numerosa perché si possa intervenire, se non con azioni repressive, vistosamente palliative e dolorosamente tardive.
Il male è contagioso. Se poi chi fa scelte devianti è nella condizione di determinare la Storia il danno è incalcolabile. Se è più importante sapere agire con il linguaggio della violenza che non praticare la pace, l’amore, la fratellanza saranno sempre di più quelli che si orienteranno in tal senso.
I fatti che riempiono le prime pagine dei giornali proprio in questi giorni relativi alle gesta delle baby gang urbane sono un segnale chiaro ed inequivocabile. Eclatante l’accoltellamento di un ragazzino di nome ARTURO ad opera di altri ragazzini nella centralissima via Foria, probabilmente un rito di iniziazione di giovanissime bande criminali. È ora di dire basta. Il sangue di Arturo grida vendetta.
SE C’È ANCORA LO STATO DEVE INTERVENIRE.
E non finanziando produzioni dai contenuti educativi (?!?) che saranno di sicuro disastrosi come è appunto GOMORRA. (CHE DAVVERO NON NE HA BISOGNO)
I ragazzini a rischio vanno seguiti anche individualmente se è necessario, sottraendoli alle famiglie se ci si rende conto che è l’unico modo per spezzare la catena culturale fatta di violenza e sopraffazione che purtroppo pesa su Napoli e sulla Campania e riuscire a: restituire Napoli ad Arturo, ai suoi compagni di classe e alle energie pulite che pure ci sono.
K
* foto Il Mattino