Scuola Media di Casale: poesia e racconto premiati

Com’è ormai noto gli alunni della 3D del plesso di Casale, dell’Istituto Comprensivo “Carinola-Falciano del Massico”, guidati dalla loro professoressa di italiano Katia Zamprotta, hanno trionfato al Concorso Letterario Nazionale “La fabbrica dei racconti”, tenutosi a Bisceglie (provincia di Barletta-Andria-Trani – BT), e l’hanno fatto con due testi, un racconto e una poesia, che hanno permesso loro di ricevere ben tre premi: uno per la migliore scrittura digitale, un premio speciale per il racconto “L’amicizia oltre la guerra” e, infine, uno per la miglior poesia, dal titolo “Amico mio”, che riportiamo di seguito.

I partecipanti al concorso sono i ragazzi della scuola media Plesso di Casale classe 3D: Aftan Luciano, Andolfi Antonio, Belgiglio Pasquale, Ciotola Melissa, Confalone Alessia, Fava Siria, Licciardi Sabrina, Piscitello Pietro, Schioppa Cristhian e Verrengia Assunta seguiti, come dicevamo, dalla professoressa Zamprotta che è la brillante docente che ha individuato il bando e seguito i ragazzi nelle fasi del concorso, una lodevole iniziativa, tesa ad avvicinare i giovani al mondo della scrittura..

Una classe molto viva visto che nel dicembre 2021 già l’alunna Assunta Verrengia con il “diario di Gaia” ha vinto il premio V. E. R. I.  promosso dall’associazione V. E. R. I. di Mondragone (CE) nata in ricordo della giovane Veronica Abbate vittima di un femminicidio, tristemente noto.

Pubblichiamo poesia e racconto che pure ha vinto un premio speciale.

Voglio che tu sappia che sei mio amico,

amico mio.

Quando ho tremato,

pianto, gridato

e giovani dolori ho incontrato,

c’eri tu,

le tue braccia protese,

il tuo saggio silenzio,

le tue mille parole,

a rammendare il mio cuore.

Quando ho creduto

di essere niente

di non avere suoni,

di non avere voce,

sei stato tu

a gridarmi che c’ero

e che di me

dovevo essere fiero.

Amico mio,

io so che il buio

non sarà mai tutto nero,

che sarai tu l’azzurro

nei miei giorni di pioggia e sereno,

che le nostre risate

saranno sempre sguaiate,

che tutto cambierà

e cambieremo anche noi,

ma che tu sarai sempre mio amico,

amico mio

* * * * *

AMICO MIO

Rzeszòw (Polonia), 20 marzo 2022

Questa è la storia di un’amicizia, di un legame che ha saputo travalicare i confini dello spazio e del tempo e che non ha voluto seguire le leggi del mondo, ma solo quella del cuore. Questa è la storia dell’amicizia tra me e Jonas, tra due giovani esseri umani di appena sedici anni, uno ucraino e l’altro russo, che qualcuno voleva rendere nemici e che, invece, ha finito per unire per sempre, oltre ogni limite umano e persino oltre la morte. Conobbi Jonas dieci anni fa, in una freddissima sera di metà dicembre, sulla pista di ghiaccio alle spalle della piazza del teatro della mia bellissima Mariupol, illuminata a festa e con gli edifici coperti di bianca e candida neve.

Avevo solo sei anni ed era la mia prima volta sui pattini. Ero molto impacciato e pieno di vergogna perché tutti i miei coetanei sembravano esseri dei veri esperti mentre sfrecciavano veloci sulla pista. Io ero terrorizzato di fare una brutta figura, ma nonostante ciò mi feci coraggio e partii verso il centro della pista. Talvolta, però, il coraggio non è sufficiente per riuscire e così iniziai a barcollare. Ero sul punto di cadere quando qualcuno mi afferrò e mi impedì di stramazzare sul ghiaccio.

«Ciao! Tranquillo, ti aiuto io. Prima volta?? Mi chiamo Jonas, tu?».

«Ciao! Sì, grazie per l’aiuto… In effetti, come avrai notato, è proprio la prima volta che pattino. Comunque, mi chiamo Andry».

«Se ti va, posso insegnarti».

«Certo che mi va!! Grazie mille».

Così nacque la nostra amicizia, che crebbe, rafforzandosi, giorno dopo giorno, anno dopo anno, fino a farci diventare fratelli. Condividevamo ogni emozione o esperienza: cotte, delusioni, paure, speranze… Solo un argomento tra di noi era tabù e riguardava il padre di Jonas.

Ricordo come fosse ieri quando gli chiesi di lui: il suo viso divenne livido e la mascella cominciò a tremare. Fu l’ultima volta che il discorso fu aperto e l’unica in cui ebbi paura di non trovare le parole adatte per aiutarlo a superare quel dolore.

Jon, che era nato a Mosca ma che viveva a Mariupol da due anni, viveva, insieme alla madre e a un cane, in una graziosa palazzina di fronte alla Torre Vecchia, l’antico edificio che da vari decenni era utilizzato per ospitare mostre e vari eventi. A quanti concerti assistemmo nelle sue grandi sale e quante ore trascorremmo nella sua biblioteca al secondo piano! Io, invece, abitavo proprio vicino al Teatro d’Arte drammatica e avevo un ampio cortile in cui imparammo a giocare bene a pallone, divenendo i migliori del nostro Liceo. Il nostro legame sembrava profondo e inattaccabile fino alla primavera dell’anno scorso…

Era una mattina tiepida e io e Jon stavamo andando a scuola; a un tratto vidi il viso del mio amico trasformarsi fissando un uomo che camminava di fronte a noi e che ricambiava il suo sguardo con la stessa intensità.

Capii immediatamente, data la somiglianza, che si trattava del padre, anche se mi ero convinto che fosse morto, ricordando la sua reazione di tanti anni prima.

Si fermò di fronte a Jonas che, pallidissimo, disse solo: «Отец (Padre)».

L’uomo gli mise una mano sulla spalla ed entrambi, senza nemmeno salutarmi, se ne

andarono via insieme. Da quel momento, per tutto il mese successivo, non vidi il mio amico che due volte e solo per pochi istanti e, in entrambi i casi, Jonas evitò il mio sguardo, accennando solo a un breve e freddo saluto. Soffrii moltissimo per quello che consideravo un vero e proprio tradimento: d’improvviso il mio migliore amico, che consideravo un fratello, era scomparso dalla mia vita e senza neanche una spiegazione. Tentai più volte di chiamarlo, ma non rispondeva alle mie telefonate; quando mi decisi ad andare a casa sua, perché erano giorni che non veniva neanche a scuola, scoprii che la casa era vuota e che erano partiti per chissà dove, circa una settimana prima.

Dolore e rabbia mi fecero stare male per tanto tempo: piansi, al buio, molte notti per aver creduto in lui, per l’indifferenza con cui mi aveva trattato e la facilità con cui mi aveva ignorato e dimenticato. Poi il tempo medicò un po’ la ferita, passarono i mesi, arrivò l’estate, l’autunno, l’inverno e poi, disumana e brutale, arrivò la guerra. Mentre vi scrivo la mia amata Ucraina trema per i continui bombardamenti e piange i suoi tanti figli che muoiono senza un perché… Io, mia madre e la mia sorellina di cinque anni siamo stati costretti a rifugiarci in Polonia, a Rzeszòw. Qualche giorno fa, Mariupol, la scuola, il Teatro, sono stati bombardati, anche la mia casa è stata completamente distrutta. Mio padre, rimasto in Ucraina a combattere, ha recuperato qualche oggetto e una lettera sgualcita indirizzata proprio a me, rinvenuta accanto a un corpo senza vita, trovato sotto le macerie della mia camera da letto.

Caro Andrey, amico mio, spero con tutto il cuore che tu stia bene. Sono qui, nella tua camera, dove tante volte abbiamo giocato alla Playstation e mi tornano in mente le risate e tu non sai cosa darei per sentire anche solo per pochi istanti la tua brutta voce. Probabilmente ora mi odi per come mi sono comportato ma voglio che tu sappia che tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per proteggerti. Mio padre, di cui non ti ho mai parlato, è della FSB. Sì, esatto, è dei servizi segreti russi, una spia insomma. Quasi non lo conosco, l’ho visto pochissimo nella mia vita e ne ho sempre avuto paura. Perdonami, non volevo avere segreti con te che sei il fratello che non ho mai avuto e che ho sempre desiderato, ma mi vergognavo. Sono stato costretto ad andar via da Mariupol e a trasferirmi a Rostov. E poi avevo paura che potesse farti del male… Ieri ho ascoltato di nascosto mio padre che parlava nel suo studio con altre persone e ho scoperto che domani bombarderanno Mariupol. Ho recuperato l’Iphone che mio padre mi aveva sequestrato per impedirmi di avere contatti con gli “amici ucraini”e ho provato a chiamarti, ma inutilmente. Poi ti racconterò tutte le peripezie che ho vissuto per riuscire ad arrivare fin qui… Ti farò morire dal ridere!!! Sono arrivato ma la tua casa è vuota…Sicuramente sarai al sicuro da qualche altra parte, amico mio. Ora voglio riposare solo un’oretta e poi cercherò di tornare sano e salvo a casa. Lascerò questa lettera sul tuo letto e spero che la troverai, così saprai che sono passato da qui. So che quando la leggerai penserai che sono proprio folle e, forse, hai ragione, fratello. Ah! A proposito!!! Non ti ho mai detto che ti voglio be

L’avrò riletta decine di volte, Jon e ho urlato, pianto e urlato ancora. Voglio che tu riesca a sentire lassù, dalla mia voce, quello che anche tu volevi dirmi e che quel maledetto missile ti ha impedito di fare, quello che neanche io ti ho mai detto:

– TI VOGLIO BENE E TE NE VORRÒ SEMPRE, AMICO MIO!

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