Stamane alle 7 è morto l’ex presidente del Consiglio e storico segretario della Dc, Ciriaco De Mita, più volte Ministro della Repubblica e in ultimo Sindaco della sua amata Nusco, piccolo Comune dell’avellinese di cui era originario. Era stato sottoposto a febbraio scorso a un intervento chirurgico per la frattura di un femore a seguito di una caduta in casa nella casa di cura Villa dei Pini di Avellino. Aveva 94 anni.
Fu capo di un governo sostenuto dal Pentapartito tra il 1988 e il 1989, esecutivo che cadde per effetto di una crisi decisa dal segretario del Psi Bettino Craxi. De Mita, che fu anche 4 volte ministro, guidò la Democrazia Cristiana dal 1982 al 1989 e fu deputato ininterrottamente dal 1963 al 2008 con l’unica eccezione dei due anni tra il 1994 e il 1996. Dopo lo scioglimento della Dc ha militato prima nel Ppi, poi nella Margherita e infine nell’Udc, dopo che il Pd – al quale inizialmente aveva aderito – non lo ricandidò. A De Mita vengono attribuiti la “scoperta” e l’impegno in politica dell’ex premier Romano Prodi e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, entrambi esponenti della sinistra della Dc di cui De Mita era leader.
L’ultima battaglia attiva di De Mita conosciuta al grande pubblico fu per la campagna referendaria del 2016 per il voto sulle riforme costituzionali Renzi-Boschi. Tra i confronti televisivi di quelle settimane ci fu anche quello tra De Mita e Renzi. «È irrecuperabile – disse De Mita dell’allora Capo del Governo, in diretta tv – Ha una tale consapevolezza che non vede limiti alla sua arroganza».
Una sua frase storica, ricordata anche in queste ore, sintetizzava il suo modo di vedere la politica, evidentemente molto lontano da quello dei giorni nostri: «Ricordati. Primo: non confondere la politica con il desiderio. Secondo: nei momenti di difficoltà ritirati dove sei più forte. Se è la tua regione, fai il leader regionale. Se è la tua città fai il sindaco. Se non sei forte da nessuna parte, torna da tua moglie. E aspetta».
Con la scomparsa di uno degli ultimi epigoni di quella che inopinatamente viene chiamata I Repubblica, quasi come se si sottintendesse la nascita di una Repubblica 2.0 o addirittura di una III Repubblica, a volte chiacchierato è vero ma il politico o meglio lo statista degno di tal nome che non lo è stato mai scagli la prima pietra, viene a mancare una delle ultime “teste pensanti” che hanno dato lustro al nostro Paese. Dotato di rara intelligenza, grande cultura e di grande senso dello Stato, si scontrò spesso con i sedicenti nuovi della Politica Italiana: memorabile la sua lotta contro la pretesa di Berlusconi di avere il monopolio televisivo, a quel proposito da segretario DC fece dimettere 5 ministri dal Governo.
Non tenero nemmeno col segretario leghista Matteo Salvini («Rozzo!»), né con il M5S che secondo lui era «Destinato a sparire», né con «L’insussistente» Partito Democratico. Al ritrovo dei centristi nel 2017 a Napoli, a chi gli chiedeva se avesse voluto rifare la Dc, rispondeva sarcasticamente «Mica sono come Renzi».
Ci piace chiudere con le parole del ministro della Cultura Dario Franceschini, provenienti dalle file della DC prima e del PPI poi: «Ci ha lasciato un Grande della Repubblica. Una intelligenza unica, un leader carismatico, un maestro di politica per intere generazioni, giovane fino all’ultimo giorno. Oggi un enorme dolore per tutti noi che gli abbiamo voluto bene».