San Paolo di Tarso è probabilmente la figura storica legata al Cristianesimo di cui abbiamo più notizie, di prima mano e non, per la sterminata produzione letteraria legata ai suoi Viaggi, alle sue Lettere, al suo martirio avvenuto in un momento cruciale dell’impero neroniano, ecc.
Praticamente nulla della grande storia legata al Santo Barbuto, protettore del popolo casalese, ci è ignota. Solo qualche curiosità legata all’iconografia cui noi casalesi siamo più legati ci sfugge, o almeno sfuggiva a chi scrive, e crediamo sia interessante analizzare. Protagonista del nostro culto, la diciamo in maniera cruda e quasi blasfema, è la STATUA del nostro Patrono, quel simulacro ligneo che da quando ci sono le novene troneggia sull’altare centrale – quest’anno è spostata verso la sinistra -, e che durante l’anno si trova in una delle due navate laterali.
Come spesso capita per opere di pur eccelsa fattura, di artigiani o artisti locali, nulla si sa riguardo all’autore che purtroppo ci è ignoto; conosciamo l’anno, anzi il secolo di realizzazione, all’incirca il 1750 visto che si parla genericamente di XVIII secolo, e che, come dicevamo, è di legno, presumibilmente sorbo selvatico, un materiale durissimo che per le sue caratteristiche di resistenza e flessibilità viene impiegato soprattutto per la realizzazione di pavimenti, slitte da neve, attrezzi, utensili e addirittura per vari pezzi di macchinari o, cosa che ci interessa più da vicino, per l’intaglio e quindi per la scultura. Ma per quest’ultima presunzione ci affidiamo alla vox populi visto che non è stato fatto alcun esame specifico in proposito.
Ogni materiale, e specialmente il legno, ha bisogno di un periodico e accurato restauro, solo che in questo caso trattandosi di un’opera d’arte il tutto è stato molto più complesso. Anno 2006: si è chiesta l’autorizzazione della Sovrintendenza dei Beni Culturali di Caserta. Una volta ottenuta, il restauro è stato materialmente curato dalla dottoressa Michelina Acquaro, e seguito da Giovanni Parente e dall’amico Mario Andolfi, memoria storica dell’arte locale che gentilmente ci ha fornito queste notizie.
Il legno aveva subito attacchi da insetti xilofagi, quelli che noi volgarmente chiamiamo tarli, dovuto sicuramente all’età del manufatto e quasi certamente accentuatisi per le trasferte presso la Cappella cui la statua era sottoposta durante il novenario di qualche anno fa. Per effettuare il restauro venne accuratamente sigillata la nicchia in cui il Santo “alloggia” per quasi tutto l’anno, e vi si spruzzò della permetrina, una sostanza antiparassitaria con l’intento di bloccare definitivamente la proliferazione di questi tarli. Purtroppo quell’unico trattamento non bastò e qualche anno dopo fu necessario ripeterlo, e quella fu la circostanza risolutiva.
Tutte queste notizie sono state raccolte grazie a una curiosità notturna, con gli anni purtroppo si dorme di meno, e i cui contorni si sono meglio definiti al rullio dei tamburi de “La Sveglia” di San Paolo, spesso nulla avviene per caso!