Si è da poco conclusa la celebrazione per l’ordinazione diaconale di Marcello Antonio Imparato: originariamente prevista in piazza Cesare Battisti, lo spiazzo antistante la cattedrale di Santa Maria Assunta di Rieti, la celebrazione si svolge all’interno per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria del vescovo Domenico Pompili.
A Marcello era già stato conferito, il giorno 19 gennaio 2020 (foto), il ministero dell’Accolitato, il servizio alla Mensa Eucaristica, l’ultima tappa prevista dal Codice di Diritto Canonico, prima del sacramento dell’Ordine nel primo grado del Diaconato che è parte dell’Ordine sacro che è, nella religione cristiana, l’insieme degli uffizi ecclesiastici di Diacono, Presbitero e Vescovo. La celebrazione si svolse allora nella chiesa dei santi Giovanni Battista e Paolo Apostolo, durante la settimana di preghiera dell’unità dei Cristiani in preparazione alla Festa della Conversione di S. Paolo, nella parrocchia d’origine di Marcello in Casale di Carinola.
Ma torniamo al diaconato. Il diacono non è un sacerdote perché non presiede l’Eucaristia e non assolve i peccati, non si colloca quindi, volendo semplificare, all’interno della comunità cristiana nella stessa posizione del parroco, tanto è vero che nella maggior parte dei casi il diacono è coniugato e ha una sua professione.
D’altra parte, il diacono non è più, come si usa dire, «un semplice laico»: riceve infatti il sacramento dell’Ordine, che lo immette tra i membri del clero, ha una propria veste liturgica, sull’altare ha un posto suo, ha il compito di proclamare il vangelo e di tenere l’omelia, ha l’obbligo di celebrare la liturgia delle ore a nome dell’intera Chiesa, può celebrare la liturgia del battesimo, benedire le nozze, accompagnare alla sepoltura i defunti. Egli è un ministro di Cristo a tutti gli effetti. Insomma le rituali definizioni «È meno di un sacerdote!» o «È più di un laico!», sono un po’ troppo semplicistiche perché in tal modo si rischia di sapere bene che cosa il diacono non è o che cosa non è più, ma di non sapere mai chi è effettivamente.
Nei saluti conclusivi Marcello non poteva dimenticare di citare la sua Parrocchia d’origine e il suo attuale responsabile don Luciano Marotta, capo di una comunità che causa Covid-19 non è potuta esser presente e nel farlo ha citato un vecchio proverbio africano che dice che «Per educare un giovane ci vuole un’intera tribù»: grande Marcello l’intera tribù di Casale è con te!