Con la proposta della Commissione Europea guidata da Ursula Von Der Leyen di un piano da 750 miliardi, di cui 500 in sussidi che comunque andranno restituiti agli investitori (seppur a lungo termine), l’Europa ha raggiunto finalmente il punto più alto dell’accezione che il termine “comunità” suggerisce. Ma… c’è un “Ma”, e siccome non vorremmo essere frettolosamente trionfalistici come gran parte della stampa italiana sta già facendo, ricordiamo subito che per farlo passare questo Recovery Fund bisognerà prima convincere i Paesi del Nord e cioè Olanda, Austria, Svezia e Danimarca e la stessa Angela Merkel ha detto che «Trovare un accordo non sarà facile».
Del piano denominato «Next Generation EU», sarà il primo beneficiario con 172 miliardi totali, di cui 81,9 in sussidi. In sostanza la proposta della commissione Von Der Leyen è persino più ricca di quella elaborata dal duo Merkel-Macron, che prevedeva solo 500 miliardi di sussidi. In buona sostanza potremmo sintetizzare il tutto parafrasando le parole di Matteo Renzi, uno dei politici più vituperati ma che è sicuramente tra quelli che usano meglio l’Italiano ed è dotato di un’invidiabile capacità di sintesi: «L’Europa batte i sovranismi 750 a 0!».
Il problema è rappresentato dai quattro grandi ostacoli che abbiano ricordato poc’anzi, tanto che il leader austriaco Sebastian Kurz, il giovane sovranista più vicino all’ungherese gerarca in orbace Viktor Orban che non ai nostrani Meloni e Salvini, ha subito messo in chiaro che «l’ammontare del fondo e il rapporto tra sussidi e prestiti devono essere ancora negoziati».
Sulla stessa linea gli olandesi, un paradiso fiscale che prima garantisce trattamenti fiscali di comodo alle grandi multinazionali, la FCA ne è un esempio, costando ai partner europei svariati miliardi in minori entrate (solo L’Italia ne perde ogni anno almeno 6,5, la Francia 17 e la Germania addirittura 19 di miliardi, grazie a un regime fiscale che non viene cambiato solo perché le modifiche in materia fiscale richiedono l’unanimità) e poi predica continenza e rigore agli altri. Da che pulpito!
E non sono i soli!
Detto ciò, però, fossimo nell’Opposizione italiana evidenzieremmo altre criticità, per esempio se (e sottolineiamo ancore il “se”!), questi soldi alla fine dovessero arrivare, visto che non si può negare che siano un vero fiume di denaro, l’Italia sarà capace di spenderlo? E di spenderlo oculatamente? Si parla già di aiuti ai Comuni e ad altri Enti Locali, e naturalmente al commercio e alle imprese, ma è possibile glissare sugli onnipresenti ostacoli burocratici che rendono impossibile ogni veloce ripartenza? E le banche, non frapporranno ostacoli ulteriori pur di non erogare liquidità?
Checché ne dicano gran parte dei politici nazionali e locali, i soldi ancora non sono arrivati a tutti gli aventi diritto, e in questi frangenti, si sa, la velocità è determinante!
* in foto Ursula Von Der Leyen presenta il Recovery Fund al Parlamento Europeo
One thought on “Recovery Fund, per l’Italia 172 miliardi ma non oggi!”
quando vedi troppe ciliegie corri col recipiente piccolo