Una delle più curiose tradizioni che la nostra comunità “ha vissuto“, era la rappresentazione della Quaresima tramite la “Pupata“, una bambola che raffigura una vecchia, sospesa ad un filo annodato tra due balconi.
La leggenda la vuole con la moglie di Carnevale, generalmente vestita di nero e che stringe nelle mani la conocchia. Fila per intere giornate, per distrarsi e non pensare al caro congiunto passato a miglior vita.
La personificazione del periodo legato ai quaranta giorni di raccoglimento e di preparazione alla solennità pasquale assumeva, quindi, le sembianze di una vecchietta brutta, avara ed astinente, avente un fascino tutto particolare.
All’estremità della bambola è legata una patata in cui vengono conficcate sette penne di gallina, di cui sei di colore scuro che si tolgono ogni domenica del periodo quaresimale, e una bianca che simboleggia la domenica di Pasqua. Oltre alla patata si appendevano i fichi secchi, i sarachiegli , piccole bottigliette di vetro contenenti vino rosso, aceto ed olio, e le pacche secche, ovvero mele o pesche tagliate a metà ed essiccate al sole o al forno.
Il sabato santo sanciva la fine del periodo di digiuno e di mestizia. Al suono festoso delle campane a gloria, si provvedeva a rimuovere la bambola per essere accuratamente riposta e riutilizzata l’anno successivo.
Fino ad alcuni anni fa si poteva ammirare la vecchina in alcuni vicoli di Casale, oggi, questa antichissima tradizione è scomparsa del tutto…come tante altre.