Giovedì 9 ottobre Berit Reiss-Andersen, presidente della Commissione Nobel, ha annunciato che il Premio Nobel per la Pace 2019 è stato conferito al primo ministro etiope Abiy Ahmed. Si tratta di una scelta coraggiosa per un giovane di 43 anni che è diventato Primo Ministro nell’aprile del 2018 e che in pochi mesi ha compiuto gesti straordinari, con implicazioni che riguardano non solo l’Etiopia ma tutti i Paesi circostanti.
Nelle motivazioni del Nobel si afferma che sono stati riconosciuti gli sforzi di Abiy a favore della pace e della cooperazione internazionale, e in particolare la sua decisiva iniziativa per risolvere il conflitto con la vicina Eritrea. In effetti, tre mesi dopo la sua elezione a Primo Ministro, Abiy Ahmed ha firmato un accordo di pace con l’Eritrea mettendo fine ad una situazione conflittuale che perdurava dalla guerra di frontiera del 1998-2000. “È un premio dato all’Etiopia ma assegnato all’Africa – ha commentato Abiy – per lavorare sul processo di costruzione della pace nel nostro continente”. Secondo il Comitato che ha assegnato il Nobel, il premio vuole anche essere un riconoscimento a tutte le parti interessate che “lavorano per la pace e la riconciliazione in Etiopia e nelle regioni dell’Africa orientale e nord-orientale”.
Dopo l’accordo con l’Eritrea, Abiy (che è il più giovane capo di governo in Africa) ha svolto anche un ruolo chiave nell’intermediazione di un accordo politico nel vicino Sudan e ha bloccato la violenza dopo la caduta del dittatore Omar al-Bashir. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha affermato che “venti di speranza soffiano in Africa. Questo Nobel – ha aggiunto – è una pietra miliare che apre nuove opportunità per la regione di godere della sicurezza e della stabilità”. Secondo Guterres, “la leadership del Primo Ministro Ahmed costituisce un meraviglioso esempio in Africa e al di là dell’Africa, cercando di superare le resistenze del passato e di mettere al primo posto le persone”.
Nato nell’Etiopia occidentale, Abiy ha una storia di battaglie per la libertà. Da giovane si è unito alla resistenza contro il regime di Mengistu Haile Mariam. Si è poi arruolato nelle forze armate, raggiungendo il grado di tenente colonnello. Ha un dottorato in studi sulla pace e la sicurezza. E dopo un periodo al servizio di “cyber intelligence” dell’Etiopia, è entrato in politica arrivando in fretta a ricoprire la carica di Primo Ministro. Gli analisti sostengono che il background misto cristiano e musulmano di Abiy, la sua apertura mentale e la conoscenza delle tre principali lingue del Paese lo hanno aiutato a colmare divisioni localiste e settarie. In poco più di un anno e mezzo Abiy ha portato avanti riforme innovative. Ha colpito la corruzione delle vecchie amministrazioni, ha messo in libertà i dissidenti, ha nominato un gran numero di donne nei posti di responsabilità, ha organizzato uno dei programmi di riforestazione più vasti dell’Africa ed ha modernizzato il Paese raggiungendo percentuali di sviluppo vicine al 6%.
In Africa è molto apprezzato. Il presidente della Liberia George Weah ha espresso le sue “più calorose felicitazioni”, e il presidente del Ghana Nana Akufo-Addo ha affermato che il premio Nobel ad Abiy è “un incoraggiamento per tutti noi, perché la pace è uno dei fattori più importanti per lo sviluppo dell’Africa”. Grande apprezzamento è stato espresso anche dalla Chiesa cattolica, che in Etiopia svolge un ruolo di primo piano nel campo delle attività sociali volte allo sviluppo integrale della persona. Monsignor Musié Ghebreghiorghis, vescovo della Diocesi di Emdibir, ha infatti dichiarato: “Noi, come etiopici, siamo molto felici che il Nobel per la Pace sia stato assegnato al nostro Primo Ministro. Lo consideriamo come un profeta inviato dal Signore. Parla un linguaggio molto ricco di umanità, parla di amore, perdono, dialogo, dell’importanza di evitare le guerre. Secondo lui ricorrere alle armi è sempre una sconfitta”.
Antonio Gaspari, www.orbisphera.org