A poche ore dal Premio che ne conserva la memoria, il deferente e commosso ricordo di Padre Michele Piccirillo. Nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre 2008 si spegneva a Livorno. Dieci anni e sembra ieri. Con la forza della sua fede aveva lottato con coraggio fino all’ultimo contro il male che lo aveva aggredito. In quella notte, faceva ritorno per sempre alla Casa del Padre uno dei figli più belli della nostra terra.
I funerali solenni furono celebrati a Roma mercoledì 29 ottobre 2008 nella Basilica di Sant’Antonio in via Merulana. Partii per Roma accompagnato da mia moglie in quel freddo mattino autunnale. Una giornata insolitamente fredda rispetto alle classiche ottobrate romane. Il freddo esterno era un tutt’uno con la tristezza dell’animo di tutti i presenti in quella bella basilica Antoniana. La liturgia, la funzione solenne, furono degne delle esequie di un capo di Stato: tantissime le autorità religiose, civili e militari presenti, italiane e straniere in primo luogo i rappresentanti della famiglia reale della Giordania legati a Padre Michele al quale dovevano molto. Era presente anche una delegazione dell’allora Amministrazione Comunale di Carinola.
Durante tutta la funzione rimasi in trance fissando la bara, riannodando tra mente e cuore le immagini, i ricordi che mi legavano a lui.
Il primo incontro del 2002 quando chiesi a Padre Michele di darci una mano per far partire il Premio Matilde Serao. Non si sottrasse e, con il prof. Tommaso Daniele ci aiutò a realizzare quella prima memorabile edizione del Premio Serao del 14 marzo del 2003 alla quale, furono tutti presenti. Padre Michele venne apposta da Gerusalemme, il professore Tommaso Daniele accompagnò a Palazzo Petrucci Carmen Lasorella mentre Mario Orfeo in compagnia del prof. Goffredo Sciaudone suo amico, faceva gli onori di casa a Natalia Aspesi.
Durante la cerimonia funebre, tornai con la mente a quella telefonata euforica che Padre Michele mi fece qualche mese dopo da Parigi quando nella biblioteca Nazione aveva trovato, per puro caso, il manoscritto del Notaio de Martoni: «Tonino dobbiamo pubblicarlo è importante, fotografa la realtà di Carinola e dintorni come era nel 1400, tieniti pronto devi darmi una mano…». Per la pubblicazione di quell’opera, in verità fece quasi tutto lui anche nel reperire i fondi. La presentazione del volume, raffinato ed elegante, volle che la organizzassi io nella Cattedrale di Carinola. Il suo cuore lo aveva come lasciato a Casanova, al Convento, ma era legato anche alla Cattedrale di Carinola, alle tante sue bellezze artistiche, ed apprezzava molto l’impegno profuso da Don Amato nel recuperare la storia della Cattedrale e nel tenere accesa l’attenzione sulla Chiesa dell’Annunziata di Carinola. Il 7 ottobre del 2003 alla presenza di tutta la Custodia di Terra Santa e del suo amico, l’esimio professore Franco Cardini, preclaro medievalista, fu presentato il libro. Ricordo l’apprezzamento sincero che Padre Michele nella sua semplicità fece a Gianni Vinale il compianto sacrestano che riuscì con ingegno e rapidità a risolvere un imprevisto tecnico e ad allestire alla meglio uno schermo utilizzando un semplice lenzuolo. «Lascia fare a Gianni… in queste cose è il più bravo di tutti», e mentre diceva ciò gli occhi di Gianni si illuminarono e si riempirono di lacrime di gioia. Una serata storica per Il Comune di Carinola e la Cattedrale di Carinola, questo disse il prof. Giovannino Iannettone pure lui presente e commosso: «Tonino se puoi pubblica gli atti di questa serata memorabile». Prima di andare via portai Padre Michele a casa di mia madre che era invalida. Apprezzava, stimava e voleva bene a Padre Michele e come cittadina di Casanova ne era anche orgogliosa.
Tornando alle esequie di Padre Michele, pensai al suo impegno profuso nel tentativo di allestire la mostra dei Tesori di Terra Santa nella nostra Regione. Lui ci teneva molto, doveva essere allestita a Pompei in occasione della visita del papa Giovanni Paolo II. Mi mise in contatto con il compianto Luigi Necco di cui era amico e che aveva conosciuto in Terra Santa molti anni prima quando un giovanissimo Luigi Necco aveva realizzato dei reportage bellissimi con Padre Michele, reportage che vengono ogni tanto ritrasmessi su una TV locale di Napoli. Quella mostra, con grande rammarico di Padre Michele, non si fece in quanto non furono trovati i fondi necessari per coprire gli ingenti costi di assicurazione. Padre Michele ci teneva a fare la mostra a Pompei e a Napoli perché amava ripetere, e lo fece pure in un convegno al Convento a Casanova, che il merito della presenza dei Francescani e della Custodia era dei reali Angioini Sancia di Maiorca e Roberto d’ Angiò che riscattarono dal Sultano d’Egitto il Santo Sepolcro. La regina Sancia di Maiorca e il re Roberto detto il Saggio, erano molti cari a Padre Michele e guarda caso sono gli stessi reali che a Carinola edificarono la Chiesa dell’Annunziata che speriamo venga riportata quanto prima al suo antico splendore.
Durante i funerali il pensiero andò all’incontro tra Padre Michele e Giovanni Paolo dal 20 al 26 marzo del 2000 durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa. Il 20 marzo lo accompagnò sul monte Nebo. Su quel monte aveva accompagnato tanta gente importante: la regina Nūr, re Hussein, Carlo Azeglio Ciampi, Tony Blair, Laura Bush moglie del presidente scomparso oggi. Ma con Giovanni Paolo II era un’altra storia. Fino al 26 marzo 2000, restò sempre al suo fianco. Pensai a quel piccolo segreto che Padre Michele ci raccontò una sera al Convento a Casanova. Durante la settimana di presenza del Papa in terra Santa le misure di sicurezza adottate dal Mossad erano state particolarmente rigorose. Tutti i percorsi del Papa, accompagnato da Padre Michele, erano controllati e bonificati comprese fognature, cunicoli ecc. Una volta passato il Papa ovviamente le misure di sicurezza venivano rimosse. Raccontava Padre Michele che Giovanni Paolo II pur essendo stato al Santo Sepolcro, il 26 marzo del 2000 mentre era a pranzo nella sede del Patriarcato Latino ad un certo punto disse: «Voglio ritornare al Santo Sepolcro». Tutti rimasero sorpresi ed increduli in silenzio, poi qualcuno con molto timore e cautela rappresentò al Santo Padre che non era possibile esaudire la sua richiesta perché i servizi israeliani avevano rimosso le misure di sicurezza. Il Papa non volle sentire ragione e aumentando il tono della voce disse nuovamente: «Voglio ritornare al Santo Sepolcro!». Una situazione senza via d’uscita, ai limiti di una piccola crisi diplomatica. Ci pensò ancora una volta lui Padre Michele a risolverla, a lui volevano bene giordani, palestinesi ed era rispettato dal Mossad.
Mentre la funzione funebre volgeva al termine pensai a quello che aveva fatto per l’eremo di San Martino del Massico a quel finanziamento molti anni prima da lui ottenuto che non si riuscì ad utilizzare per via delle solite pastoie burocratiche.
Prima di uscire dalla Basilica di via Merulana, al momento dell’ultimo saluto pensai all’ultimo regalo che mi aveva fatto. Don Vincenzo Di Martino il parroco di Francolise, sapendo della mia amicizia con lui un giorno mi disse: «Dobbiamo fare una Chiesa nuova a Maiorisi e per la cerimonia della posa della prima pietra mi piacerebbe avere qualche pietra della Terra Santa». Padre Michele quando veniva in Italia per qualche congresso o altra iniziativa faceva capo a Roma ma ovviamente, quando poteva, faceva tappa a Casanova a casa del fratello Giacomo dove solitamente si fermava per consumare un bel pranzo. E spesso Padre Michele e Giacomo mi avvisavano prima per cui, a fine pranzo andavo per il caffè da loro e aggiornare Padre Michele sulle iniziative in corso. Pochi mesi prima dall’insorgere del male, lo incontrai per l’ultima volta a casa di Giacomo. Gli riferii della richiesta di Don Vincenzo e lui, con il suo proverbiale sorriso mi rispose: «Ben volentieri, ma come faccio a mandarti le pietre da Gerusalemme, ti faccio un pacco internazionale, mi costerà una cifra. Gli dissi: «Non vi preoccupate, quando venite la prossima volta in Italia, se vi riesce, portate qualche pietra ma senza impegno». Ci salutammo parlando di altro e mai avrei immaginato che era l’ultima volta che potevo godere di quel piacere e di quel privilegio. Dopo un paio di mesi però, mi chiamò Giacomo e mi disse che Padre Michele approfittando della visita in Terra Santa di un sacerdote della Diocesi di Sessa mi aveva mandato il pacco contenente pietre e terra di Gerusalemme e di Betlemme: i luoghi della nascita e morte di Cristo. Aveva intuito che non ci saremmo più rivisti e trovò il modo per adempiere a quell’ultima promessa. Consegnai quelle pietre e quella terra a Don Vincenzo ancora oggi custodie come reliquie, purtroppo non sono servite perché la nuova Chiesa di Maiorisi non è stata mai edificata.
Questo era Padre Michele, o per meglio dire era anche questo perché al di là della sua semplicità, della forza del suo sorriso del suo quotidiano servire Domine in letizia, egli è stato il più grande storico-archeologo a livello mondiale non solo della Terra Santa ma anche di altre regioni orientali confinanti. Ogni anno faceva un calendario per una grande ditta del Nord in cui ogni anno pubblicava la storia e i tesori di quelle parti del mondo. E ricordo in particolare il calendario che mi regalò un anno fatto sull’Irak ovviamente scritto in arabo, inglese, italiano, qualcosa di unico per la bellezza delle foto e la ricchezza delle sue didascalie. Padre Michele, con i suoi talenti, con la sua fede, con la sua intelligenza straordinaria, ha onorato la sua famiglia, ha onorato Casanova, ha onorato Carinola, ha onorato la Custodia e la famiglia Francescana. Merita di essere ricordato sempre e ovunque tra i figli più belli della nostra Terra, merita e deve essere ricordato con tanta stima e rimpianto ma soprattutto con tantissimo affetto.
Antonio Corribolo