«Ci sono più probabilità di uccidere a schiaffi un elefante, che le Camere siano sciolte immediatamente!», lo diceva alcune settimane fa Vittorio Feltri ed è una previsione che tutto sommato ci sentiamo di sottoscrivere.
Nonostante i diktat di Luigi Di Maio, ed ovviamente a seguire di tutto il MoVimento 5 Stelle che si dimostra sempre più la patria del pensiero unico, che da ieri continua a dire “Ci abbiamo provato in tutti modi e ora non ci rimane che andare di nuovo a votare” come se l’Italia fosse il suo giocattolino personale e comunque l’unico autorizzato a smontarlo e rimontarlo, la situazione sembra essere sempre più ingarbugliata e apparentemente senza via d’uscita.
Après moi le déluge! – Dopo di me il diluvio! –
Luigi XV di Francia
Ma questi non si erano presentati come coloro il cui unico scopo era il bene dell’Italia? Non erano quelli che guardavano alle ambizioni personali con ribrezzo? Non erano quelli che inneggiavano alla 3a Repubblica all’indomani delle elezioni, salvo poi riesumare la becera tattica dei due forni come il più cupo politico degli anni ’60- ’70? Che squallore, che amarezza, e dire che la presenza del M5S in questa politica da manuale Cencelli ci è quasi sempre piaciuta perché ha contribuito fortemente alla trasparenza e costretto alle proprie responsabilità i politici vecchia maniera che guardavano in primis ai loro interessi.
Si vuol capire o no che dopo le elezioni del 4 marzo in realtà non ha vinto nessuno? Certo vi sono stati due partiti che hanno conseguito un risultato eclatante, di cui uno di questi ottenuto presentandosi in coalizione, che è il vero spirito della legge elettorale proporzionale che “obbliga” alle aggregazioni, ma nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta, nessuno può pretendere di fare da solo. Non Di Maio e i “5 Stelle”, non Matteo Salvini e il Centrodestra berlusconiano, ovviamente non il Partito Democratico su cui anzi sarebbe opportuno stendere un velo pietoso perché rappresenta forse l’unico caso nella storia di un Partito che continua ad affidarsi a una guida che l’ha portato ai minimi storici e che “tafazzianamente” corre imperterrito verso il baratro.
Se qualcuno si lamenta che nonostante sia risultato il primo partito non possa governare, ha a disposizione due strade: o punta ad un radicale cambiamento della forma di governo, dall’attuale sistema parlamentare a quello semi-presidenziale alla francese, con un sistema uninominale maggioritario a doppio turno in vigore a Parigi dal 1958 trasferito anche alle Presidenziali, non a caso Emmanuel Macron governa con il solo 25% ottenuto al primo turno, oppure è necessario prendere più del 51% dei voti. Delle due l’una!
In ogni caso la situazione è in stallo: probabilmente l’unica possibilità per risolverlo potrebbe essere un incarico (perché non ci pare proponibile che il Capo dello Stato non ne affidi nemmeno uno… i due incarichi esplorativi affidati ai Presidenti delle Camere? Un palliativo, un modo per prender tempo visto che da che mondo è mondo il Primo Esploratore è il Presidente stesso), dunque dicevamo un incarico per un Governo Istituzionale che si occupi dell’ordinaria amministrazione, sia ben chiaro anche l’installazione di una panchina esulerebbe dall’ordinarietà, con un unico punto nel proprio programma: riforma della Legge Elettorale che preveda un premio di Maggioranza alla Coalizione vincente in modo che venga garantita la governabilità. Altrimenti tra sei mesi saremo punto e a capo!