Si definiscono le candidature per la poltrona di Presidente della provincia di Caserta, elezioni che si terranno giovedì 12 ottobre: dopo quella del sindaco di Caserta Carlo Marino, annunciata alcune settimane or sono dal senatore del PD Franco Mirabelli, Commissario Straordinario del Partito in Provincia di Terra di Lavoro, è adesso la volta di Giorgio Magliocca, sindaco di Pignataro Maggiore (ri-)eletto nel giugno scorso nella lista Ricoloriamo Pignataro ed espressione di Forza Italia.
A un mese esatto dalla data fatidica ovviamente non c’è ancora nulla di definitivo, anzi le varie tessere del puzzle sono ancora alla ricerca di una stabile collocazione visto che, non più tardi di ieri, ancora leggevamo della rinuncia di Silvio Lavornia, Presidente facente funzioni dopo le dimissioni e le disavventure giudiziarie, poi risolte, di Angelo Di Costanzo già sindaco di Alvignano: ma se MAI DIRE MAI è una regola valida per la vita normale, ancor di più lo è in politica, quindi…
Piuttosto non poche perplessità continua a destare la legge che sovrintende all’elezione degli organi provinciali. Qualche anno fa, sicuro dell’abolizione ormai imminente delle Province, organi di 2° livello e ritenuti i veri “succhiasoldi” della macchina statale italiana, il governo Renzi emanò la legge Delrio che regolamentava tale scelta riservandola ai soli Amministratori, Sindaci e Consiglieri, dei vari Comuni del territorio provinciale che andavano così a ricoprire il doppio ruolo attivo, erano cioè i soli a poter votare, e passivo, erano cioè i soli a poter essere eletti, togliendo un’altra possibilità di voto al sempre meno consultato corpo elettorale italiano che chiaramente si allontana sempre più dalla res pubblica.
La storia è nota. Col Referendum Costituzionale gli italiani decisero a larga maggioranza di conservare le Province facendo fallire i piani del governo Renzi, ma comunque quella Legge è rimasta in vigore, in base al principio guida della nostra Repubblica (delle Banane?): quasi sempre in Italia ciò che dovrebbe esser provvisorio dura di più di ciò che dovrebbe esser definitivo (quasi come la legge elettorale che non viene adeguata dai partiti dopo la sentenza della Corte Costituzionale di qualche anno fa).
Nel frattempo, però, è intervenuto un fatto nuovo, un tragico fatto: 18 gennaio 2017, presso la località sciistica di Rigopiano in Abruzzo, una slavina provoca ventinove vittime dando luogo a una delle più grandi tragedie della storia della montagna. Quel tragico evento diede da pensare a chi, come chi scrive, è sempre stato recisamente contrario alla permanenza in vita delle Province: in quell’occasione vi fu un clamoroso ritardo nei soccorsi visto che quasi nessuno sapeva dove intervenire se non la Provincia di Pescara, Ente radicato sul territorio e che pertanto nell’occasione mostrò la propria utilità, anche se non l’aveva fatto in precedenza con il rilascio di permessi edilizi vari che avevano sfregiato l’ambiente e la natura che poi ha reclamato i propri spazi nella maniera più tremenda, ma su questo ci sono indagini in corso per l’accertamento di eventuali responsabilità.
Probabilmente non le Province dunque sarebbero da abolire, ma cosa fare per curare l’opprimente elefantiasi burocratica che strangola l’Italia e che sempre più spesso uccide, nel vero senso della parola purtroppo, gli italiani? Per attenersi alla stretta attualità che è monopolizzata dall’inondazione che ha flagellato le zone periferiche di Livorno, sentivamo un rappresentante istituzionale che si lamentava che la stragrande maggioranza dei finanziamenti non si è potuta spendere perché si arenava tra le pastoie burocratiche di quel vero e proprio collo di bottiglia rappresentato dalle Regioni.
Sono dunque le Regioni l’Ente territoriale da eliminare? Può darsi anche perché non sono né carne né pesce: troppo distanti dal territorio per rappresentarlo al meglio e troppo dipendenti dai finanziamenti dello Stato per non alimentare quella nomea di spreco e clientelismo di cui sono piene le cronache degli ultimi anni, e poi c’è addirittura chi le usa come un piccolo anti-Stato per opporsi alle leggi e ai decreti di Roma (vedi tutto ciò che successo in Veneto e Lombardia per i vaccini a scuola!).
È possibile poi dimenticare le 5 Regioni a Statuto Speciale (Sicilia, Sardegna, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e e Trentino Alto Adige, quest’ultima costituita in realtà dalle province autonome di Trento e Bolzano), la madre di ogni differenza, e spesso anche di spreco, autorizzato persino dalla Costituzione? Il fallito tentativo di Riforma Costituzionale lo fece, ci auguriamo che non succeda mai più!
Ricredersi sull’utilità dell’ente Provincia non diminuisce l’estrema diffidenza verso una legge siffatta: ma voi ci pensate se Carlo Marino, già sindaco di un Comune di oltre 80.000 abitanti, dovesse divenire anche Presidente provinciale? Come minimo avrebbe bisogno di una giornata di 40 ore, posto che abbia il “vizio” di riposare per qualche altra! Quale sarebbe l’alternativa? Sottrarre del tempo sia ai cittadini di Caserta città sia a quelli di Caserta provincia!
… e lo stesso ragionamento riguarda qualsiasi altro Amministratore eletto ad un’altra carica di pubblica responsabilità: si dimetta dalla prima per poter accedere alla seconda, opti tra l’una e l’altra e non abbia la pretesa di far bene in entrambe!
Verrà il giorno in cui l’autoreferenziale politica darà uno sguardo oltre il proprio naso e farà attenzione a queste sottigliezze che poi tanto sottili non sono?
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