Qualche anno fa su un canale TV venne trasmesso un interessante documentario dall’eloquente ed esplicativo titolo, “La Terra dopo l’uomo”, in cui si affrontava, da una prospettiva scientifica, il peso della presenza umana sul nostro Pianeta e quali sarebbero le ricadute nell’eventualità di una improvvisa scomparsa del genere umano e di conseguenza del suo necessario controllo sui numerosi processi da questo avviati nel nome del progresso. Insomma un po’ quello che successe a Chernobyl in una notte dell’aprile 1986, quando in seguito all’esplosione del reattore 4 della centrale nucleare, la cittadina nata per ospitare le famiglie degli operai lì impiegati, fu improvvisamente svuotata divenendo nel giro di poche ore una città fantasma.
Ebbene leggendo le prime pagine de “L’indagine sulla città scomparsa e altre storie”, ho avuto la netta sensazione di essere stato teletrasportato in quel documentario. La sensazione sarebbe continuata se non fosse per la sporadica apparizione di qualche avventore occasionale e di uno o due impiegati degli uffici del Governatorato, a quel punto infatti più che altro pareva di aggirarsi in uno di quei giochi futuristi in cui si apprezzano solo grandi palazzi, bellissimi hotel pieni di palme, ma comunque con pochissimi esseri umani ad animare le strade. Poi però man mano che le pagine scorrono, e scorrono bene perché il linguaggio è come l’eloquio di uno dei protagonisti “molto fluente e persuasivo”, ti accorgi di essere immerso in qualcosa di maledettamente vero, decadente a tratti, qualcosa che ti costringe a fare i conti con la realtà in cui viviamo.
Quando Antonio gentilmente mi mostrò il libro raccomandandomi di leggerlo, a me che gli chiedevo dove si trovasse la città scomparsa del libro, rispose: «Ma no, in realtà si tratta solo di storie di fantasia». Ebbene, ora sono sicuro, quello era un chiaro tentativo di schermirsi, di minimizzare quasi un bel lavoro che secondo me è in gran parte figlio di una ben precisa e mirata concezione: quando l’accurata descrizione dei problemi di una città, anzi di una provincia, che combatte quotidianamente coll’asfissiante intrico dei rifiuti, tanto da venirsi a trovare in situazioni estreme…
I bambini giocavano rincorrendosi dietro i cumuli [di rifiuti, ndr] più alti, i più audaci li scalavano e vi piantavano in cima bandierine colorate
… non si può non pensare a tutto ciò che la nostra terra ha dovuto affrontare negli anni scorsi, problemi che in parte affronta ancora, con tanto di concreta minaccia di costruzione di una discarica. Certo, tutta la coreografia è inventata di sana pianta (nomi dei protagonisti, dei luoghi…), però c’è la prepotente sensazione che non sia stato il caso o la fantasia ad orientare questo ordito, anche perché il sentire che la costruzione della torre di deposito era chiamata semplicemente “l’affare”, ricorda troppo da vicino l’attenzione che la Camorra dedica allo smaltimento dei rifiuti e ai remunerativi affari che ne derivano.
Ultima impressione, anch’essa dirompente, è che questo libro abbia una spiccata vena ambientalista: sentir dire «Ora viviamo consumando quello che avevamo accumulato», fa tristemente pensare al fatto che, in assenza di politiche diverse dal mero e indiscriminato sfruttamento delle risorse esistenti, risorse destinate giocoforza ad esaurirsi, il sovraffollamento di cui, suo malgrado, soffre il pianeta Terra finirà per essere letale per i quasi otto miliardi di abitanti che lo popolano.
Insomma in questo libro ci ho visto tante cose: il realismo, il decadentismo, l’ambientalismo, addirittura ci ho visto una parodia della nemesi storica di una società che al colmo della disperazione si affida al primo venuto (nessuno conosceva l’Ingegnere che costruisce la Torre di deposito e anch’egli, come altri in passato nella vita reale, veste i panni dell’Uomo della Provvidenza).
Per concludere, una piccola considerazione sui “mini-racconti” che completano il libro (IL DENTE D’ORO, IL BEVITORE, L’UOMO CHE SPARÒ A BILL GATES, IL VIAGGIATORE, LE CHIAVI, BABBO NATALE): per i temi trattati e le tematiche purtroppo solo abbozzate, alcuni di essi meriterebbero di esser più ampiamente sviluppati tanto da costituire, in particolar modo Il dente d’oro e L’uomo che sparò a Bill Gates, un utile brogliaccio per futuri lavori, impegnati ma godibili; altri invece no, sono già perfetti così!
Novelio Santoro