Il 10 febbraio si ricorda l’esodo giuliano-dalmata e le vittime delle foibe. Una foiba è una cavità chiusa, una dolina carsica che si estende in profondità fino a 100 metri e più, quasi invisibile dal terreno ed è terminante con un inghiottitoio attraverso il quale vengono smaltite le acque. Tale commemorazione è legata agli eccidi di militari e civili italiani e di soldati tedeschi operati in diverse zone dell’Istria durante l’occupazione dei territori da parte dei partigiani comunisti di Tito (i cosiddetti titini) dopo l’8 settembre 1943, al termine della seconda guerra mondiale del 1945, e anche negli anni immediatamente seguenti.
La virulenza di questa ondata d’odio, simile quasi al tentativo di pulizia etnica nazista, ma di proporzioni molto minori, fu talmente grande da provocare in ondate successive circa 100.000 morti (spesso la gente veniva gettata ancora viva in queste vere e proprie grotte verticali) e l’esodo in massa di oltre 350.000 persone che cercavano di fuggire da quest’incubo fatto di ferocia e odio assassino. La maggior parte delle foibe contiene tuttora i resti delle salme.
«Nonostante la ricerca scientifica abbia, fin dagli anni novanta, sufficientemente chiarito gli avvenimenti, la conoscenza dei fatti nella pubblica opinione permane distorta ed oggetto di confuse polemiche politiche, che ingigantiscono o sminuiscono i fatti a seconda della convenienza ideologica» (cit. Wikipedia)
A dodici anni dalla legge n. 92 del 30 marzo 2004 che istituì il Giorno del Ricordo, leggiamo questo accurato servizio di RaiNews di qualche anno fa. Si rompe un silenzio che spesso è stato definito “oltraggioso”, una pagina considerata tra le più drammatiche della storia italiana.
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Per 60 anni è stata inghiottita nel silenzio, annullata, cancellata. Proprio come migliaia e migliaia di persone: inghiottite, cancellate, annientate in quelle foibe della Venezia Giulia e della Dalmazia diventate il simbolo di un eccidio. È proprio lì, in quelle voragini carsiche tipiche dell’Istria, che fra il 1943 e il 1947 furono gettati dalla furia dei partigiani comunisti jugoslavi di Tito, vivi e morti, migliaia di italiani.
A essere inghiottita è stata una tra le pagine più dolorose della storia nazionale.
Morti, migliaia di morti. Ed esuli. Centinaia di migliaia di persone costrette all’esodo dalle proprie terre della Venezia Giulia e della Dalmazia. Costrette a fuggire in altre città italiane o all’estero: chi in America, chi in Australia. Un esodo durato oltre 10 anni. Una storia che è stata dimenticata per anni dalla memoria collettiva, ma mai cancellata dalle menti di chi ha perso qualcuno, qualcosa, se stesso.
Negli anni Novanta la politica interrompe quel silenzio e inizia a reinteressarsi di quella tragedia. Solo nel 2004, esattamente dieci anni fa, arriva una legge, una norma che istituisce il giorno del ricordo per le vittime delle Foibe e dell’esodo. Quel giorno sarà ed è il 10 febbraio e oggi ricorre il decimo anniversario.
La storia
La prima grande ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: inizia un periodo di sbandamento, l’esercito italiano si dissolve e in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano ‘nemici del popolo’. Il massacro si ripete nella primavera del 1945, quando le truppe di Tito occupano Trieste, Gorizia e l’Istria. Le vittime sono gli italiani: non solo fascisti, ma anche personaggi che potevano rappresentare una classe dirigente dell’antifascismo perché punti di riferimento dell’opinione pubblica non allineata al nuovo potere.
Tito si accanisce anche contro i partigiani, con i membri del Comitato di liberazione nazionale, contro tutti coloro che volevano difendere la comunità italiana. Sarebbero stati d’impiccio al suo grande progetto politico di annessione di quei territori. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini, ha raccontato a Mixer nel 1991 Graziano Udovisi, rappresentante della milizia italiana a Trieste e sopravvissuto a una foiba.
L’esodo giuliano dalmata
La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce perché nel febbraio del 1947 l’Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale, e l’Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Centinaia di migliaia di persone (il numero è incerto: c’è chi parla di 350mila, chi di 270mila, ndr) si trasformano in esuli.
Si cerca di portare via anche ciò che non è possibile portare via con sé, anche i propri morti. Anche pezzi di terra, sassi, pietre di monumenti millenari. Perché esodo non vuol dire abbandonare la propria terra, bensì recidere le proprie origini. Scappano dal terrore, non hanno nulla, a volte non trovano in Italia grande accoglienza. La stessa politica non se ne interessa. “La memoria stava scomparendo, ora è stata recuperata”
Per oltre cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica ha avvolto questa vicenda, questa strage. «Per colmare queste ferite – dice Raoul Pupo, professore di Storia contemporanea all’Università di Trieste – non è sufficiente il giorno del Ricordo: chi ha perso qualcuno, chi ha sofferto, non verrà mai indennizzato in modo totale. Lo stesso vale per chi che ha perso case, terre.
Il giorno del Ricordo ha però un significato preciso: in primo luogo quello di reintegrare nella memoria nazionale la memoria di chi è stato colpito da quelle tragedie. In secondo luogo – continua – questa giornata consente agli italiani di riappropriarsi della conoscenza di una storia importante, non solo quella del massacro delle Foibe e dell’esodo, ma anche della storia della presenza italiana sull’adriatico orientale che è una parte importante della storia italiana. Prima del giorno del ricordo, o comunque fino agli anni ’90, la memoria stava scomparendo, ora è stata recuperata, salvata».
(di Cristina Raschio)
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4 thoughts on “Il Giorno del Ricordo: gli infoibati di Tito”
Nelle foibe sono finiti comunisti e socialisti per mano dei fascisti e poi i fascisti per mano dei comunisti. Dire qualcosa di diverso è mettersi la storia sotto i piedi. E’ giusto ricordare gli infoibati, ma non solo quelli di Tito come dice il post. La memoria non si può allungare o accorciare a convenienza nè essere prestata a strumentalizzazioni di parte. I carnefici in quella striscia di terra, e non solo purtroppo, sono rimasti vittima dell’odio che il fascismo per anni aveva seminato a piene mani. La legge infatti fa riferimento, correttamente a mio avviso, “a tutte le vittime delle foibe”, assolutamente non parla di Tito soltanto. Credo pertanto che il titolo scelto per il post sia fuorviante, infelice
Qui non si “mette la storia sotto i piedi” e nessuno “allunga o accorcia la memoria a convenienza” o la si distorce per “strumentalizzazioni di parte”, sono solo stati ricordati gli eventi che vanno dal 9 settembre 1943 al 1947 e per qualcuno fino al ’49 e gli attori di quel periodo non erano più i fascisti bensì i partigiani di Tito (urtiamo forse la sua sensibilità se li chiamiamo “comunisti”?): se avessimo analizzato gli anni antecedenti avremmo sicuramente fatto riferimento alle atrocità dei fascisti che occuparono la Slovenia tentando d’imporre con la forza i loro usi e costumi, anzi in quel periodo i generali fascisti incitavano addirittura ad AMMAZZARE DI PIU’.
Il fatto è che la storia umana delle atrocità è purtroppo lunghissima e così come per la recente GIORNATA DELLA MEMORIA abbiamo parlato solo degli stermini nazisti contro gli ebrei, lo abbiamo fatto solamente perché erano i più eclatanti, tralasciando (ma non ignorando!) che tali stermini li subirono anche Zingari, Polacchi, Omosessuali, Handicappati e oppositori politici.
Crediamo proprio che la sua mente sia offuscata da quelle «confuse polemiche politiche, che ingigantiscono o sminuiscono i fatti a seconda della convenienza ideologica» cui fa riferimento Wikipedia: ebbene questo modo di pensare a noi non appartiene, se ne faccia una ragione.
Per quanto riguarda poi il titolo, è in effetti solo una “semplificazione giornalistica” ma rimane legata al contenuto dell’articolo che parte da una data ben precisa – 9.9.’43 – e, anche stavolta se ne faccia una ragione, i primi infoibamenti di massa (200-500 persone) sono avvenuti dopo quella data, anche se correttamente la legge fa riferimento a TUTTI gli infoibati.
Non è la prima volta che qualcuno “politicamente strabico” ci muove accuse di parzialità ma la Storia non ha colore e qui se ne leggono tutte le pagine.
Saluti
Mamma mia, subito prendete fuoco. Una volta ogni tanto toglietevi la puzza da sotto il naso ed accettate qualche critica. Buona giornata.
Il titolo è comunque, per una semplificazione giornalistica, errato. Non per salvare Tito o i comunisti da loro responsabilità che sicuramente ci sono state. La cosa davvero non mi interessa. Ma l’analisi storica non può prescindere dal brodo culturale che la produce. Gli orrori che dal 1920 in poi si sono registrati in quelle terre non possono essere taciuti per parlare solo di ciò che accadde dal 1943.1945. Le foibe c’erano prima del 43 e anche dopo. Volerle etichettare è stata una forzatura, permessa da una procedura revisionistica passata, anche tra i comunisti italiani, per lasciare un segno di demarcazione tra il PCI italiano e gli altri comunisti dell’est. (solo nel 2004) Un contraltare alla risiera di San Saba dove DI SICURO SI E’ ESPRESSO SOLTANTO L’ODIO NAZIFASCISTA. Il tema della giornata del ricordo è pertanto “delicato” e non può essere affrontato con wikypedia. Senza offesa