L’episodio accaduto pochi giorni fa in occasione dell’incontro istituzionale tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il presidente dell’Iran Rouhani in Campidoglio, quando alcune statue di nudo dei musei Capitolini sono state coperte con dei pannelli bianchi su tutti i lati, riporta alla mente un episodio storico simile ma sicuramente comprensibile (contrariamente a oggi!) perché figlio dei tempi in cui si svolse.
La nostra attenzione non si sofferma tanto sul fatto che…
[quote font=”georgia” font_style=”italic”]Per non mettere in ‘imbarazzo’ il presidente iraniano si è messa in imbarazzo la cultura millenaria di un intero Paese: coprire le statue ai musei Capitolini è un atto di enorme provincialismo da parte di un Governo che interpreta le relazioni internazionali in maniera assai singolare[/quote]
come dichiarano in una nota i parlamentari di Possibile, Pippo Civati e Beatrice Brignone, quanto sul fenomeno tutto italiano dell’IRRESPONSABILITÀ ILLIMITATA, cioè il fatto che nessun funzionario pubblico italiano nonostante tutti gli onori propri del suo incarico (stipendi d’oro, benefit vari e status sociale), sia pronto a farsi carico degli oneri normalmente derivanti da una gestione sbagliata (in questo caso ridicola) della propria attività, né tantomeno ci sia una filiera delle varie responsabilità cui far riferimento in maniera inequivocabile sempre ma soprattutto in casi eclatanti del genere.
Tra il 1534 e il 1541 Michelangelo Buonarroti dipinse il Giudizio Universale nella cappella Sistina: aveva ricevuto l’incarico da papa Clemente VII che però morì ancor prima dell’inizio dei lavori e lo portò a conclusione con papa Paolo III. Già durante i lavori buona parte della curia cominciò a criticare l’opera affermando con vigore che tanti corpi nudi erano più degni di una bettola frequentata da ubriaconi e scaricatori di porto che della cappella privata del Papa.
Nel 1565, Michelangelo era passato a miglior vita da circa un anno, uno dei suoi allievi Daniele da Volterra ricevette l’incarico da papa Pio IV, poco dopo che il Concilio di Trento aveva condannato la nudità nell’arte religiosa, di ricoprire con vestimenti vari e foglie di fico tutte le nudità della parte superiore del dipinto: Daniele da Volterra portò diligentemente a termine l’incarico ricevuto, usando talvolta addirittura lo scalpello o ridipingendo qualche protagonista, ma per questo lavoro passò alla Storia col nomignolo di Braghettone.
Dunque, stiamo parlando di un episodio successo quasi cinque secoli fa nel retrogrado e per molti versi oscurantista Regno della Chiesa ma nonostante ciò conosciamo con esattezza il nome dell’autore del “misfatto”, il Braghettone, e quello del “mandante”, papa Pio IV.
Ora considerato che a quanto pare non per tutti la Storia è sempre magistra vitae, siamo certi che questo non è quell’eccesso di democrazia che è il male peggiore di una società che faticosamente è stata costruita e che può essere distrutta da qualcosa di molto simile all’anarchia? In questo clima sarà mai possibile scoprire il nome del Braghettone di turno o dobbiamo organizzare una caccia al tesoro cui dare la stessa rilevanza mondiale che questa ridicola notizia ha avuto in tutto il pianeta coprendoci di materiale organico – meglio non essere volgari qualcuno potrebbe offendersi – fino al collo?
N/S
One thought on “Alla ricerca del moderno Braghettone”
QUESTO, PURTROPPO,CI MERITIAMO DA QUESTI “INDEGNI” RAPPRESENTANTI POLITICI ITALIANI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
CHE VERGOGNA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!