Da che Italia è Italia siamo abituati a pensare al 26 ottobre del 1860 come la giornata dello Storico Incontro tra re Vittorio Emanuele II e il generale Giuseppe Garibaldi: ebbene non fu solo così. Fu anche il giorno della battaglia di San Giuliano di Teano, il paesino a poche centinaia di metri in linea d’aria in direzione nord-est dalla nostra Casale di Carinola, durante la quale l’esercito piemontese sconfisse quello borbonico che si stava ritirando verso Gaeta, ultimo baluardo del Regno delle Due Sicilie di re Francesco II di Borbone.
Dunque, per fare un po’ di mente locale, ricordiamo che mentre Garibaldi con i “Mille” risaliva la Penisola dopo lo sbarco in Sicilia, l’ingresso in Napoli del 7 settembre, la Battaglia del Volturno e quindi la liberazione di quasi tutto il Sud, re Vittorio Emanuele II la ridiscendeva e, attraversati gli Stati Pontifici, come da segreti accordi, nonostante in pubblico fingesse di disapprovare l’Eroe dei Due Mondi e si professasse «fratello e amico» del re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone, di cui era effettivamente cugino, ricevette ben volentieri in dono le conquiste dei Garibaldini nello Storico Incontro di Teano.
Fu nel primo pomeriggio di quel 26 ottobre, giornata quindi già memorabile, che le forze piemontesi comandate dal generale Cialdini, tristemente noto per le sue successive “imprese” dell’11 e del 14 agosto del 1861 a Casalduni e Pontelandolfo, vennero a contatto con gli avamposti borbonici in ritirata verso Gaeta dopo la disfatta del 1-2 ottobre nella battaglia del Volturno. Al comando delle truppe borboniche c’era il generale Von Michel. Sua Maestà Vittorio Emanuele II assistette al combattimento dall’altura del “Purgatorio”, mentre Francesco II si trovava a Gaeta dopo esservi fuggito il 7 settembre.
Abbiamo letto la ricostruzione di questo episodio sul manoscritto di un testimone diretto (non fu “oculare” solo perché aveva poco più di un anno): “Lo scontro di S. Giuliano” di don Luciano Sacco, parroco di S. Giuliano dal 1895 al 1929, che raccolse la testimonianza diretta dei suoi parrocchiani, anzi dei suoi “figliani” come li chiama lui. Inizialmente furono i bersaglieri ad incalzare le truppe napoletane in località “Corte”, ma poco pratici del luogo, subirono forti perdite. Secondo don Luciano Sacco…
S’impegnò il fuoco da ambo le parti; ed ebbero le truppe di Vittorio Emanuele gravissime perdite, i borbonici invece ebbero 20 morti e 18 feriti, come riferisce il Buttà (un cappellano dell’Esercito Borbonico, ndr) in una sua memoria. I Piemontesi raccolsero i morti di notte tempo al chiarore della luna ne caricavano carri, e furono bruciati lontano dagli accampamenti nelle vicinanze di Montecanneto; vi furono moltissimi feriti, tanto, che la Chiesa ed altre case del paese furono messe ad uso ospedali. Parecchi morti rimasero insepolti, essendo caduti vittima del fuoco nemico tra fossi e virgulti. Se i napoletani ebbero poche perdite, ne fu la causa che essi combattevano e si ritiravano sempre in favorevoli posizioni tattiche; nella località dei Tre Vescovi, e propriamente nel sito dove ora è l’attuale cascina di Pezzullo, i colpi di fucileria ed artiglieria erano molto bene aggiustati contro gli aggressori. […]
Un cronista dice “La notte pose termine al combattimento, e all’indomani si aspettava una grande battaglia, quando i borbonici furono visti sgombrare S. Giuliano per ritirarsi del tutto al di là del fiume”. A quanto mi è stato riferito da testimoni oculari del fatto, non vi furono prigionieri, ad eccezione di pochi fuggitivi e disertori, che si arruolarono nelle file piemontesi; quindi il cronista si sbaglia un po’ per questo fatto dei prigionieri.
A questo punto una piccola precisazione s’impone: la storia risorgimentale si riferisce a quest’episodio come “battaglia”, “fatto d’armi”, “scontro di San Giuliano”, o anche coi riduttivi termini di “scaramuccia” e “schermaglia” nonostante le «gravissime perdite piemontesi e i 20 morti e 18 feriti borbonici» di cui riferisce don Luciano Sacco, insomma tendenzialmente non si è tanto concordi sul peso da attribuirvi, a partire dalla denominazione. Ma se un innegabile merito questo combattimento ha avuto, è stato quello di accelerare la resa della fortezza di Capua (avvenuta dopo pochi giorni, il 2 novembre), e permettere all’esercito di Vittorio Emanuele di relegare sempre più le truppe borboniche nella poco distante città di Gaeta, ultimo baluardo del Regno delle Due Sicilie che sarebbe caduto il 13 febbraio del 1861 aprendo la strada alla proclamazione del Regno d’Italia di un mese dopo.
Ma lasciamo nuovamente la parola a don Luciano Sacco che nella parte finale menziona anche la«popolazione di Casale di Carinola»:
Per questi fatti d’arme i maturati tutti di S. Giuliano ebbero a soffrire molti danni: rimasero danneggiate diverse abitazioni dalla artiglieria Napoletana (rimase colpito il muro della Chiesa); ed in questi trambusti di guerra abbandonarono le loro abitazioni rifugiandosi nelle campagne portando seco tutte quelle masserizie, che potettero, animali ed altro. Le truppe dei due eserciti depopolarono ogni cosa, devastarono arbusti, consumarono tutte le biche di paglia, fieno ed altro, davano come foraggio ai cavalli perfino il grano e granone, distrussero tutto il pollame, pecore, ed altro, che i soldati a loro bell’agio potessero carpire. Questo episodio avvenne nel giorno di venerdì, 26 Ottobre, dl poi nel sabato la truppa di Francesco Il, si ritirò verso il Garigliano; e quella Piemontese la segui.
Vittorio Emanuele muoveva da Teano, dove erasi ritirato con la riserva, diriggendosi alla volta di Sessa per seguire la colonna combattente capitanata da Cialdini; passò per S. Giuliano alle ore 9 a.m della Domenica 28 Ottobre. Alla notizia, che doveva passare il Re, tutti naturali di questa borgata insieme uniti col proprio Parroco, nonché l’intera popolazione di Casale di Carinola: giunto il Re avanti al popolo stimato, rivolto ad un Generale, che cavalcava di fianco a lui, disse: questo villaggio si chiama S. Giuliano e quello è il Parroco, ed il Parroco soggiunse: Maestà, vi raccomando questa popolazione, che ha molto sofferto per la guerra; Allora Vittorio Emanuele a questa spontanea manifestazione a mezzo d’un borsiere fece distribuire molto denaro al popolo, che lo acclamava.
S. Giuliano 13 Settembre 1908
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Novelio Santoro
One thought on “26.10.1860: Storico Incontro? No! Battaglia di San Giuliano di Teano”
Molti storici in epoca moderna hanno fatto luce sugli eventi che hanno caratterizzato l’unità d’italia dimostrando, con certezza, che la cultura di “regime” stese, dai primi anni dell’unità; un velo pietoso sulle vicende “risorgimentali” e sul loro reale evolversi.
Tutte le forme d’influenza sulla pubblica opinione furono messe in opera, per impedire che la sconfitta dei borboni o la rivolta del popolo meridionale si colorasse di toni positivi.
Si cercò di rendere patetica e ridicola la figura di Francesco II il “Franceschiello”, la memoria di Re Ferdinando II, padre di Francesco, fu infangata da accuse di brutalità e ferocia: gli fu scritto dal Gladstone- interessatamente- di essere stato- lui cattolicissimo “la negazione di Dio”.
Sopratutto si minimizzò l’entità della ribellione che infiammava tutto il l’ex regno di Napoli,riducendolo a “volgare brigantaggio”, comr si legge nei giornali dell’epoca (giornali peraltro, pubblicati solo al nord in quanto la libertà di stampa fu abolita al Sud fino al 31 dicenbre 1985), nasce così la leggenda risorgimentale della “cattiveria” dei borboni contrapposta alla “bontà” dei piemontesi e dei savoia che riempiva le pagine (ancora oggi) dei libri scolastici.
1861-1871: dieci anni dimenticati dai libri di storia, ovvero la pulizia etnica voluta dai savoia e i lager sabaudi.
Enrico Cialdini (sì proprio lui), il generale sabaudo che assassinò il Sud Italia, (gli eccidi di Pontelandolfo e Casalduni nel beneventano furono ordinati da cialdini, donne .bambini e vecchi furono brutalmente uccidi e i due paesi totalmente dati alle fiamme dai bersaglieri), Cialdini l’uomo che ubriacò l’opinione pubblica di sdegno contro i Briganti, e perchè ciò si avverasse chiese ed ottenne che i quotidiani più importanti, a tiratura locale e nazionale parlassero continuamente delle nefandezza e delle malvagità contadine, e che le popolazioni del Sud venissero dipinte come primitive, barbare, invasate di religione, analfabete, i partigiani regi venissero fatti passare per Briganti che scannavano e decapitavano i soldati piemontesi.
I Borboni, a dispetto dei piemontesi e del resto d’Italia, costruirono strade, formarono un esercito, svilupparono l’industria e il commercio, potenziarono la pesca e svilupparono il turismo.
Prosperarono ricchezza e cultura e il reame divenne uno degli stati più ricchi al mondo-
La ferrovia fece la sua apparizione nel 1939, con la tratta Napoli-Portici, poi estesa fino a Castellamare.
Seguirono la Napoli Capua, la Napoli Nola estesa in seguito dapprima fino a Sarno e poi a Sansevero.
Nel 1837 arriva il gas e il telegrafo nel 1852, Napoli prima città ad avere un’illuminazione pubblica ed un impianto idrico pubblico.
Si svilupparono attività connesse alla cultura, nascono così l’officina dei papiri, l’orto botanico, il museo di archeologia,l’osservatorio di astronomia, la biblioteca nazionale e l’osservatorio sismologico del vesuvio, e che dire di san Leucio e delle acciaierie in calabria?
Una storia poco dibattuta ma che ha influito pesantemente e negativamente nei rapporti nord e Sud nei 150 anni e più dell’unità d’Italia, è quello del brigantaggio meridionale, che la storiografia ufficiale risorgimentale ha liquidato (grazie anche a Cialdini) con quella che oggi definisce “delinquenza organizzata” ma è così?.
Se i Briganti furono delinquenti allora l’Italia nacque legittimamente, ma se i Briganti furono patrioti e resistenti del regno borbonico (come i partigiani) allora l’Italia è tutta un’altra storia.
E’ un falso storico che il “Risorgimento” abbia unito gli italiani, esso invece li ha divisi, avendo prodotto ben 7
guerri civili.
Lasciando per sempre il suo regno Francesco II disse profeticamente:
“il nord non lascerà ai meridionali nemmeno gli occhi per piangere”.
E che dire di (G) garibaldi, tutta una storia da riscrivere, una leggenda da sfatare, nei paesi americani dove aveva vissuto da giovane era considerato un…..”bandito”, in Brasile era conosciuto come un comune delinquente, ricercato per assalto alle navi mercantili, incredibile a dirsi, ma vero, per…… commercio di schiavi etc……..
Scriveva rifugiatosi nella sua Caprera:
” Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono inconmensurabili.
non credo di aver fatto del male, nonostante ciò; non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio”
Giuseppe Garibaldi
(lettera ad Adelaide Cairoli 1868).
Non voglio neanche parlare o accennare a quel guerrafondaio e puttaniere di (C) cavour, basti solo dire che morì di sifilide.
Da l’ordine nuovo del 3 gennaio 1920)
“L’unità dell’Italia non è avvenuta su basi di uguaglianza, ma come egemonia del nord sul Mezzogiorno, nel rapporto territoriale Città-Campagna.
Cioè, il nord concretamente era una “Piovra” che si è arricchito a spese del Sud e il suo incremento economico-industriale è stato un rapporto diretto con l’impoverimento dell’economia e dell’agricoltura Meridionale.
L’Italia settentrionale ha soggiocato l’Italia Meridionale e le isole,riducendole a colonie di sfruttamento.
Antonio Gramsci
e ancora successivamente:
” Lo Stato Italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia Meridionale e le sue isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri, che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di BRIGANTI”
Antonio Gramsci
“” AMO LA MIA PATRIA, MA NON COME E’ STATA FATTA… DA UNA RISTRETTA CERCHIA D’INTELLETTUALI DISTANTI DAL POPOLO, COMBATTUTO DA POTENZE STRANIERE AI DANNI DI UN SUD DEPREDATO E VIOLENTATO””
Il Calamaio