Paolo sbarcò dalla nave Aquarius agli inizi del febbraio del 61: l’imbarcazione continuò invece alla volta di Portus, il nuovo scalo nei pressi di Ostia fatto costruire dall’imperatore Claudio. La traversata per Roma fin dall’inizio si era annunciata difficile, salparono sul Castore e Polluce nell’anno 60 dal porto di Cesarea ma a Mira cambiarono imbarcazione e presero posto su un veliero che trasportava in Italia un grosso carico di grano e 276 passeggeri. Quando fecero scalo a Creta, era già la fine di settembre e normalmente i velieri non affrontavano il Mediterraneo durante l’inverno: le tempeste erano furiose e prima di Malta per poco una non risultò fatale.
Pozzuoli offriva un panorama meraviglioso, anche se in effetti la voglia di ammirarlo era scarsa, visto che Paolo veniva condotto nella Caput Mundi insieme ad altri prigionieri. Paolo era stato riconosciuto da alcuni Ebrei, ancora inviperiti per la sua conversione, e accusato di aver introdotto un pagano nel recinto del tempio: si trattava di un’accusa falsa, ma quel reato era grave e punibile con la morte. In verità Paolo nominalmente era ancora un uomo libero ma siccome si era appellato al giudizio dell’imperatore Nerone, gli fu accordato questo privilegio in quanto cittadino romano.
Una volta uscito da Pozzuoli s’incamminò sulla via Campana verso Capua, il centro più importante della zona, poi Sidicinum, e Forum Claudii. Paolo di Tarso giunse in un luogo ferace, fertile, con tanti contadini che lavoravano gioiosamente la terra e che nelle pause si beavano alla vista del panorama: lo sguardo giungeva fino a Napoli, al mar Tirreno, in pratica da quei terreni collinari poteva quasi scorgere il porto dov’era sbarcato.
Quel gruppo di casali era pieno di poderi e masserie, Villae Rusticae sembra le chiamassero, che erano stati assegnati a militari in pensione dell’esercito romano: in molti casi si trattava di commilitoni o diretti superiori della scorta armata che li accompagnava, che così erano stati ricompensati dei loro servigi nell’esercito e nel contempo assicuravano un fidato controllo del territorio. Era quella la Campania Felix tanto cara ai Romani: eh sì, era proprio Felice quel luogo, anzi gli era parso di capire che i locali chiamassero quel panorama Pilara.
Da quelle parti c’era anche un’ara dedicata ad un dio pagano. Paolo fu invitato a parlare, così giusto per accompagnare il lavoro dei contadini locali che stavano curando le viti: dopo un po’ gli offrirono dei lupini e del vino che loro stessi stavano consumando, si sa l’ospite è sacro anche se parla di un Dio nuovo e quasi del tutto sconosciuto.
Paolo veniva da Gerusalemme, la città santa; Atene è il centro della sapienza e delle arti, ma Roma. Roma è la capitale dell’impero, certo incuteva un po’ di timore, ma Paolo sentiva qualcosa che lo attirava lì, erano forse i tanti fratelli che lo stavano aspettando, quegli stessi che sarebbero stati chiamati cristiani? Sì, Roma era la città del suo destino!