In occasione della serata Omaggio letterario a Matilde Serao, la prima delle due organizzate dall’Associazione culturale in vista dall’annuale Premio Giornalistico Matilde Serao, scrivemmo nell’articolo “Da Carinola alla Val d’Aosta nel nome di donna Matilde” che eravamo rimasti favorevolmente impressionati dal testo letto dalla professoressa Katia Zamprotta (foto in basso), scritto lo scorso anno in occasione della prima edizione della manifestazione “Carinola monumenti aperti” dagli alunni della 3D dell’ICS “Campo Falerno Carinola – Falciano” della scuola media del plesso di Casale di Carinola, un lavoro dedicato a donna Matilde e alla basilica di Santa Maria in Foro Claudio a Ventaroli, luogo natio del padre Francesco e «della gente della mia stirpe» come ella stessa amava ripetere.
Ci ripromettemmo di pubblicare non appena fosse stato possibile questo racconto, fortificati anche dall’apprezzamento per questo lavoro da parte della professoressa Chantal Vuillermoz e della dottoressa Maria Latella, vincitrice del Premio Giornalistico: racconto che è sì frutto della fervida fantasia degli alunni, ma che, prendendo spunto da fatti realmente accaduti, ha dato vita a una vera e propria trama da romanzo storico. Fatti immaginari quindi che si innestano su eventi reali, in questo caso l’evento più drammatico della vita di Matilde Serao, quando la cantante parigina Gabriele Bessard, amante del marito ma sedotta e abbandonata con la figlia nata da quella relazione, decise di uccidersi di fronte al pianerottolo di casa Serao.
Il titolo è, manco a dirlo, “Donna Matilde” ed è da leggere tutto d’un fiato.
Il calesse percorse veloce il viottolo di campagna fermandosi sul selciato della Basilica.
Si preparava un temporale coi fiocchi: il cielo si stava riempiendo di grosse nubi scure e i profumi delle piante selvatiche, alle prime ore del mattino, erano ancora più intensi.
Donna Matilde, aiutata del fedele Bastiano, scese dalla carrozzella, attenta a non svegliare la piccola che teneva tra le braccia; l’aria nonostante il cielo coperto, era immobile e cominciava già a pentirsi di aver fatto indossare alla piccola quel vestitino di trine e merletti che la copriva interamente.
Scese i pochi gradini che la portarono all’interno col cuore che le batteva forte in petto.
La chiesa era vuota, fatta eccezione per una donna completamente vestita di nero, col capo chino, assorta nella preghiera.
Donna Matilde si diresse con passo lento e incerto verso le prime panche, lo sguardo rivolto alla magnifica immagine della Vergine, al centro dell’affresco dell’abside.
La bellezza della Basilica, senz’altro la più bella chiesa romanica della raggiera cassinese, le fece dimenticate per un attimo il dolore e la rabbia che la angosciavano da quel terribile 29 agosto appena trascorso.
Le vennero in mente stralci e di ricordi di lei bambina, a Messa con il padre quando, rapita dagli affreschi, bombardava di domande il padre Francesco.
Curiosa di sapere chi e cosa raffigurassero quei bellissimi dipinti, continuava a tirare per la giacca don Ciccio Serao, come veniva chiamato suo padre da quelli che erano in confidenza con lui, e non poté fare a meno di sorridere ricordando il suo sguardo che l’ammoniva di stare in silenzio, mentre don Ottaviano, con ampi gesti, commentava il Vangelo del giorno.
Una volta conclusa la Messa però rispose a ogni sua domanda, a ogni curiosità, correndo il rischio che li rinchiudessero dentro l’edificio.
La basilica di Santa Maria in Foro Claudio, scopri così, era una delle chiese più antiche del territorio perché derivava da una chiesa paleocristiana del V-VI secolo dopo Cristo, edificata, a sua volta, su un tempio romano.
Nel 1087, poi, il patrono del comune di Carinola, il vescovo Bernardo, che era il discepolo prediletto dell’abate Desiderio, decise di imitare il suo maestro, il quale aveva arricchito e abbellito la famosa abbazia di Montecassino.
Servendosi degli stessi artisti e operai fece costruire la magnifica chiesa di Ventaroli a tre navate, di cui una centrale più grande e due laterali più piccole.
All’interno lo spazio era dominato da due file di sette magnifiche colonne che provenivano, molto probabilmente, dall’antica colonia di Sinuessa.
Ciò che aveva però catturato il suo cuore erano gli affreschi, alcuni risalenti all’epoca di San Bernardo, altri di scuola bizantina, altri di epoca successiva; essi raffiguravano santi tra cui San Bernardo, San Martino, San Pietro, San Leonardo, San Bernardino, San Giovanni Evangelista e San Giovanni Battista.
Non poteva capire nulla di stili e tecniche pittoriche di cui le stava parlando il padre, ovviamente, ma ne rimase comunque affascinata.
Quello che amava di più si trovava nell’abside centrale, vicino all’altare: in un fondo blu cobalto, la Madonna assisa in Trono con il Bambin Gesù, vestita regalmente e affiancata da due Arcangeli, anch’essi con vesti imperiali.
Quel dipinto la faceva pensare al Paradiso e le dava un senso di pace.
Come non restare affascinata poi di fronte a Michele Arcangelo fra i dodici apostoli, come non ammirare gli eleganti fiori, le foglie stilizzate, gli elefanti, tutti quei colori?
Conosceva ogni piccolo dettaglio di quegli affreschi.
All’improvviso una luce accecante illuminò la chiesa e poco dopo un tuono assordante fece svegliare la bambina che cominciò a piagnucolare e Matilde tornò cosi di colpo alla realtà.
La tragedia che aveva sconvolto la sua vita le tornò con prepotenza alla memoria.
Ripensò, come faceva ormai da giorni, a quei momenti, con la sensazione di essere dentro a un incubo e di non riuscire a svegliarsi.
Erano ormai settimane che a Napoli il caldo torrido impediva quasi di respirare.
Quel pomeriggio di fine agosto, Matilde aveva deciso di farsi un bagno per rinfrescarsi, in attesa di prepararsi per recarsi col marito Edoardo a una rappresentazione al Teatro San Carlo.
Era sul punto di spogliarsi quando sentì suonare con forza il campanello.
Non aspettava visite e rimase immobile in ascolto, in attesa di capire chi fosse alla porta. Non passò neanche un minuto che sentì un colpo di pistola, seguito da urla e rumori di passi.
Senza pensarci due volte usci fuori dalla sua camera da letto e raggiunse la porta d’ingresso.
Davanti a lei una scena spaventosa: un corpo di donna riverso a terra, col viso rivolto proprio verso di lei, alcuni domestici che cercavano di allontanare la domestica Mariuccia che urlava, mentre stringeva in braccio un neonato che piangeva disperato.
E poi un mare di sangue…
Poco dopo scopri cosa era successo e perché.
La donna stesa a terra si chiamava Gabrielle ed era, o meglio era stata, l’amante di Edoardo, all’epoca in cui lei, dopo l’ennesimo tradimento, furibonda, era andata via di casa, nauseata dal comportamento irrispettoso del marito.
Mentre era via, invece di riflettere sugli errori fatti, lui aveva intrecciato una relazione con una cantante di teatro e aveva persino avuto una figlia da lei.
La donna, forse respinta dopo che Donna Matilde aveva deciso di perdonare il marito e di tornare a casa, si era quindi recata a Palazzo Ciccarelli a consegnare la loro bambina al padre, che però non era in casa e, dopo aver consegnato la neonata nelle braccia della domestica, aveva lasciato un biglietto all’uomo, con su scritto «Perdonami se vengo a uccidermi sulla tua porta come un cane fedele. Ti amo sempre», per poi uccidersi con un colpo di rivoltella.
Marito e moglie, riuscirono, nelle ore seguenti, a tenere segreto quello che era accaduto, ma quando Gabrielle, ricoverata all’Ospedale degli Incurabili, mori una settimana dopo, la notizia divenne di dominio pubblico.
La pioggia cominciò a cadere sempre più violenta, mentre i lampi illuminavano i visi dipinti sugli affreschi, soprattutto quelli della navata di destra dove erano raffigurati i mestieri in voga nel X secolo, quali il macellaio, il fabbro, il calzolaio, il bottegaio, l’oste, il sarto…
Queste immagini non riuscirono, come avevano sempre fatto, a calmare le emozioni che la sconvolgevano e cominciò a piangere, per la prima volta dopo quel 29 agosto.
Era stata costretta a fuggire da Napoli dopo che lo scandalo era scoppiato e il borgo di Ventaroli le era sembrato l’unico rifugio possibile: qui aveva vissuto anni spensierati e qui ora voleva tornare. Arrivò all’amata casa paterna che era notte fonda: la piccola, appena si erano messe in viaggio, si era addormentata in braccio alla balia che aveva assunto a Napoli.
Lei, invece, non era riuscita a chiudere occhio e, nonostante il tempo pessimo, decise di recarsi nella piccola chiesa della sua infanzia.
Aveva bisogno di conforto, non sapeva cosa fare, come reagire di fronte a tanta sofferenza.
Aveva amato Edoardo con tutto il cuore, con lui aveva condiviso ogni cosa, anche la sua passione per il giornalismo, ma ben presto si era resa conto che lei non sarebbe stata mai la sua unica donna.
Finse di non sapere delle sue avventure per molto tempo, per orgoglio, per i suoi quattro figli maschi, perché credeva nel valore della famiglia; tentò anche, allontanandosi da casa, di farlo cambiare ma, addirittura, fu proprio durante questa separazione che lui iniziò la storia con la povera Gabrielle.
Un tuono, ancora più forte dei precedenti, spaventò la bambina, che cominciò a piangere disperata.
(Madonnina mia, che devo fare?
Questa creatura che ho tra le braccia è innocente, ma come posso tenere sotto gli occhi, tutti i giorni, la testimonianza vivente del tradimento di mio marito?
Avrei tanto voluto dargli una bambina, e invece lo ha avuto dalla sua amante, un’altra disgraziata come me!
Io non posso tenermela, mi fa troppo male anche solo guardarla…).
La piccola continuava a piangere a singhiozzi, rossa in viso. Donna Matilde la guardò e poi guardò la Vergine di fronte a lei e, in quel momento, le sembrò di sentire il profumo di sua madre Paolina, che aveva perduto troppo presto.
(Oh, mamma! Se fossi stata ancora viva, avresti potuto aiutarmi a decidere…)
Un lampo, d’improvviso, illuminò l’altare e poi sembrò proiettarsi solo sulla piccola che smise di piangere come per miracolo e chiuse gli occhi delicatamente, per poi riaprirli subito dopo, con un sorriso meraviglioso, tutto rivolto a lei.
Matilde senti il cuore riempirsi d’amore, la baciò e se la strinse al cuore, con un senso di pace che non provava da anni:
– Ti terrò con me, sarai la figlia che non ho avuto e ti chiamerò Paolina, come la mia mamma. E ora… torniamo a casa, piccola mia -.
Fuori l’aria odorava di terra bagnata e il sole faceva luccicare le gocce di pioggia sugli alberi e sulle foglie, mentre donna Matilde e Paolina andavano incontro al futuro.
One thought on “Da Casale un omaggio a donna Matilde”
Confermo il mio più sentito apprezzamento per questo blog. Complimenti e “ad maiora”!