Qual è il messaggio lasciato a chiare lettere dall’impresa dello sloveno Tadej Pogacar ieri al tour de France, impresa concretizzatisi definitivamente pochi minuti fa? O-S-A-R-E!
Tadej Pogacar è un giovane, sta per compiere 22 anni, alla prima partecipazione al Tour, corsa che, con buona pace di tutti noi tifosi di ciclismo italiani, è quasi sicuramente la più importante del mondo. Sì, aveva dato ottimi segnali di una buona attitudine nelle corse a tappe ma non era certo il favorito principale, ruoli che spettavano quasi di diritto al vincitore della scorsa edizione il colombiano Egan Bernal e allo sloveno Primoz Roglic trionfatore dell’ultima gara a tappe disputata, la Vuelta Espana 2019, e astro nascente del ciclo mondiale nonostante la non più verde età, 30 anni (!), spalleggiati, anzi accompagnati da due squadre super corazzate il cui potere sembrava inscalfibile, addirittura quasi inavvicinabile.
Logica avrebbe lasciato supporre che si fosse ritenuto sodisfatto e appagato da un pur sempre prestigioso secondo posto. E invece no!
Cos’ha fatto invece Tadej Pogacar è andato contro l’ordine costituito: in ossequio al principio che per vincere e scrivere la storia bisogna prima rischiare concretamente di perdere, il ragazzino si è battuto come un leone contro gli otto componenti della squadra (numero che ricorda l’ormai ex-Maggioranza di Carinola 2021, nome antipatico e che fa pensare alla volontà, visto che è stato coniato già due anni fa, di rimanere abbarbicati al potere nonostante tutto), squadra destinata alla vittoria.
È un messaggio per i giovani carinolesi: non fermatevi all’apparente ineluttabilità della vittoria dei soliti noti. Non abbiate paura, del resto per un bene supremo, e Carinola lo è, un sacrificio si può anche sopportare!