La notizia più rilevante degli ultimi giorni è, ovviamente, l’avvio del campionato di calcio. Finalmente! Ricomincia la lotta per lo scudetto. Le società portano a segno gli ultimi acquisti per rafforzare i reparti carenti investendo cospicui capitali. I tifosi rispolverano la passione vera, quella che non conosce riposo infrasettimanale né ferie. I fari illuminano il rettangolo verde e lo spettacolo può iniziare. Tutt’intorno si animano gli spalti di colori e spiriti festanti, di frustrazioni e pericoli. Sui social, elementi disaggregati di quella massa popolare, spuntano nuovamente, come funghi alla prima acqua con la luna crescente, i soliti post inneggianti al risultato favorevole, alla dubbia decisione arbitrale.
E così sia. Ci piace, comunque, fare gli auguri a società, giocatori, tecnici e tifosi che tutti insieme sono lo spettacolo del gioco del calcio. Il gioco più bello senz’altro che ci sia, per noi italiani, ma pur sempre un gioco. Speriamo che prevalga lo spirito sportivo o almeno quel che resta dello spirito sportivo nell’enorme business che è diventato il campionato di calcio.
Ma c’è un’altra partita che si è cominciata a giocare nel nostro Belpaese, come uno scherzo sulla spiaggia d’agosto. Quella provocata dalla crisi di governo voluta dal capo della Lega Matteo Salvini. Sull’innesco di questa crisi molto si è scritto e molto altro si scriverà. Piatto ricco mi ci ficco. Salvini ha perduto, secondo me, di vista la realtà. Il consenso crescente che vedeva materializzarsi intorno a sé e l’evidente difficoltà in cui versavano i suoi soci di maggioranza, il M5S, lo hanno tradito e spinto a presentare la mozione di sfiducia.
Aver decretato la fine della maggioranza giallo-verde è stato per l’ex ministro dell’interno un errore politico colossale. La gestione delle consultazioni di questi giorni per la formazione di un nuovo governo ha confermato la sua personale crisi di equilibrio e stabilità. Aver cercato di recuperare con i grillini, non riuscendoci nemmeno, ha sostanzialmente isolato la Lega e compromesso la sua premiership anche all’interno del Centrodestra.
Quando la partita la perdi qualcun altro la vince, sempre.
Vince il PD che ha approfittato dell’assist per andare al governo aggiustando via via le sue “non negoziabili” iniziali richieste a quelle del M5S più coinvolto “sentimentalmente” nel fallimentare “governo del cambiamento, dell’odio e della paura”.
Vince Zingaretti che è riuscito a stanare Di Maio, accettando il Conte2 ed azzerando così il suo spazio di manovra nel nascituro governo giallo-rosso.
Vince Conte per aver scalzato Di Maio ed aver conquistato la rappresentanza di fatto del Movimento 5 Stelle, con l’appoggio di Grillo e di Casaleggio.
A Conte toccherà giocare le nuove carte del movimento. Un impegno non da poco per il professore che ha al suo attivo poco più di un anno da Primo Ministro, garante dell’attuazione del contratto Lega – 5 Stelle, dimostratosi tanto sperimentale quanto fallimentare per il Movimento. Vedremo nel corso dei giorni e dei mesi che verranno se e quanto l’avvocato Conte abbia appreso durante il suo tirocinio da Primo Ministro, durante il quale in verità non ha brillato né per personalità, né per autonomia, né per altri meriti speciali, almeno questa è la mia personale opinione.
Ma la gestione della fine del rapporto con la Lega, va riconosciuto, è stata ben congegnata e ben definita. Possiamo dire che il suo primo impegno istituzionale sarà di sicuro far digerire all’opinione pubblica il cosiddetto “mandato zero” recentemente introdotto da Luigi Di Maio (“Cos’è il mandato zero? E’ un mandato, il primo, che non si conta nella regola dei due mandati, cioè un mandato che non vale“) e che non appartiene di certo alla tradizione grillina per cui “la regola dei due mandati non si tocca”? PD e 5 Stelle ora però dovranno dimostrare con i provvedimenti di governo una linea politica condivisa che anteponga agli interessi di parte il bene comune affrontando con determinazione i problemi veri del paese.
I sentieri su cui la nuova maggioranza giallorossa muoverà i suoi passi non sono però sentieri battuti ed in gioco ci sarà sempre la credibilità e la responsabilità di aver messo insieme una squadra di governo tra entità che si sono combattute, senza esclusione di colpi bassi, praticamente fino al momento della crisi di governo di inizio Agosto.
Sapranno PD e M5S mettere da parte il passato e trovare le ragioni e i contenuti per stare insieme? Il M5S non è più quello del 5 marzo 2018. Ora ha una posizione chiara in Europa ed ha Conte come esponente di spicco emergente di governo. E si sa che le politiche hanno sempre bisogno delle gambe degli uomini giusti per potersi affermare. E se Conte si rivelasse, una volta libero dai tutori del Movimento, un vero e proprio “Totti goal”? I colori sembrano essere quelli giusti ed anche questo lascia ben sperare.
Io sono sempre ottimista e lo sono anche questa volta.
K