Per tentare una corretta analisi dell’attuale situazione politica italiana così come consegnataci dopo le Elezioni del 4 marzo, bisogna andare con la memoria ai risultati di un’altra consultazione, referendaria stavolta, e precisamente alla sera del 4 dicembre 2016 quando prepotente emerse la bocciatura della riforma costituzionale promossa dall’allora governo Renzi: ecco probabilmente l’apparentemente irrisolvibile stallo di oggi è figlio di quel risultato, un figlio venuto male certo, un figlio storpio purtroppo, ma ahinoi facilmente immaginabile a dispetto di tutti i tifosi del NO che si ostinavano a dire che “nulla sarebbe successo in caso di loro vittoria”: ecco quello che è successo!
Non stiamo qui a difendere ulteriormente quel tentativo di riforma, mal fatto e mal posto, fatto male perché con la bocciatura dell’intero disegno vennero respinte anche quelle poche cose buone che si proponevano, e mal posto perché è bene non solo che un Governo non partecipi direttamente alla disfida tra SÌ e NO, cosa che Matteo Renzi fece in maniera spudorata e quasi fastidiosa, ma soprattutto, errore degli errori, Renzi sbagliò a personalizzarne il risultato legandolo alla sua carriera politica, e gli italiani hanno votato in massa contro di lui e forse poco convintamente contro il referendum, ma comunque non stiamo qui a rinfocolare polemiche ormai sopite ma cui comunque la situazione attuale costringe a fare i conti.
Che nessuno abbia concretamente vinto le elezioni è sotto gli occhi di tutti, e la difficoltà stessa nel formare un Governo autonomo ne è la dimostrazione: quando si dice che bisogna rispettare il voto degli italiani che ha chiamato a governare il Movimento 5 Stelle come Di Maio afferma, o che scegliendo la coalizione di Centrodestra si è voluto indicare Salvini, come sostengono Berlusconi e lo stesso Matteo Salvini, è spia di una certa arroganza istituzionale e di una certa ignoranza politica, visto che in un sistema smaccatamente proporzionale nessuno esce dalle urne con l’incarico già in tasca.
Certo la soluzione più semplice, ma più pericolosa non solo per entrambi visto che si annullerebbe il consenso elettorale dei due partiti ma anche per l’Italia perché sarebbe difficile conciliare Flat tax e Reddito di Cittadinanza che sono alla base dei rispettivi programmi, sarebbe senz’altro un’intesa governativa M5S-Lega, ma noi ci ostiniamo a pensare a un Monocolore M5S con l’appoggio esterno del PD e, perché no, anche di LeU. Tutto questo per tre motivi essenziali: primo, perché se il PD volesse veramente essere rispettoso della volontà popolare, come non perde occasione di ricordare, agevolerebbe la nascita di un governo Di Maio, e poi perché è ormai chiaro che l’elettore medio M5S proviene dall’area di Sinistra se non addirittura dal PD stesso, e infine, ultimo e decisivo motivo che una forza politica che si ritiene responsabile dovrebbe tenere nel massimo conto, impedirebbe la nascita di un governo M5S-Lega, visto che sarebbe ritenuto “pericoloso” per l’Italia, in primis dai Dem.
Dopo il puntiglio dei “renziani” ispirati dal loro guru fiorentino, l’autodefinitosi “semplice senatore di Scandicci” fintamente dimessosi ma che imperterrito continua a dettare la linea del Partito Democratico, sembrava che non ci fosse più alcuna chanche per questa eventualità, ma molte crepe stanno aprendosi nel fortino PD e dopo la risaputa posizione pro-appoggio al M5S del governatore pugliese Michele Emiliano e le aperture a mezza bocca di Dario Franceschini e Andrea Orlando, ieri vi è stata la netta e convinta presa di posizione pro-M5S di Elisabetta Gualmini, politologa e Vicepresidente PD della giunta dell’Emilia Romagna che, dopo aver premesso di rendersi conto che la sua è una posizione poco ortodossa e abbastanza “eretica” all’interno del partito, dice che:
Non accetto che si dica che gli elettori ci hanno mandato all’opposizione perché non esiste in nessun sistema politico che un elettore ti voti per mandartici! Trovo inaccettabile che si faccia il tifo per un governo M5S-Lega («Non vedo l’ora che giuri un governo Di Maio-Salvini», Andrea Marcucci capogruppo PD Senato, ndr) che secondo me manderebbe il Paese allo sfascio, e infine, preserveremmo quello che è già stato fatto dal PD come il REI, il Reddito d’Inclusione, vera e propria operazione contro la povertà, che adesso si vuole soppiantare col Reddito di Cittadinanza. Perché gettare tutto alle ortiche arroccandosi su una granitica posizione di diniego?
Molti della base conservano delle ritrosie, naturali dopo la “sanguinosa” campagna elettorale ma, provando a guardare dal punto di vista del PD, perché consegnare il Paese a Salvini senza nemmeno provare a reagire?