Credo che siano degne di nota e di attenzione le parole con cui la dott.ssa Maria Zampi è intervenuta al convegno “PSR DAY – per uno sviluppo partecipato”, svoltosi a Conca della Campania il giorno 11 dicembre 2015.
Ne posseggo un estratto “sbobinato” (come si diceva ai miei tempi), e lo invio alla redazione. Ho sempre pensato che un territorio, per rilanciare la sua economia e la sua capacità di attrazione, debba innanzi tutto “riconoscersi”. Debba saper sintetizzare la sua particolarità rispetto agli altri.
Maria Zampi lo fa, in questo caso, molto bene. Lei è una giovane professionista carinolese, laureata in marketing internazionale e del turismo. Una risorsa preziosa, un capitale inestimabile sono i giovani come lei. Ce ne sono (eccome) altre e altri a Falciano del Massico, a Cellole, a Mondragone, a Sessa Aurunca.
In pochi minuti di intervento, la dott.ssa Zampi traccia, parlando accanto al portavoce della Presidenza della Regione Campania Emilio Di Marzio e del Segretario del Ministro delle Politiche Agricole Corrado Martinangelo, la strada per “progettare” un brand territoriale unico. Quello delle Terre del Falerno, dove nacque il principio di qualità e territorio.
E ci insegna un’altra cosa, la dott.ssa Zampi: sono i giovani, oggi, che debbono finalmente indicare la strada per il loro futuro e per il futuro della nostra terra.
A noi più attempati è destinato il compito di fornire fiducia e (soprattutto) mezzi a chi ha più energie e vivacità intellettuale. Compito cui dobbiamo ottemperare in fretta, prima che i giovani come Maria vadano via per non tornare più, impoverendo definitivamente quello che un giorno fu una terra ricchissima.
L’Amministrazione Comunale di Carinola (ed in particolare il sindaco Luigi De Risi), in questo caso, ci ha visto giusto. Ha affidato, per il ruolo che a Carinola hanno assegnato gli altri comuni dell’Ager Falernus di capofila del Comitato Promotore, alla dott.ssa Maria Zampi il compito di curare, in tutti i suuoi aspetti, la nascita di “Terre del Falerno”, l’associazione di Pubbliche Amministrazioni e “stakeholder” (come la stessa Zampi, con un termine tecnico che tuttavia ha un qualcosa di poeticamente shakespeariano, appella) la cui azione insiste nel territorio che fu duemila anni fa uno dei più prestigiosi e produttivi del mondo conosciuto.
Trasmetto quindi l’estratto in mio possesso, con l’aggiunta di un “titolo” all’intervento, così come è stato percepito da chi lo ha ascoltato.
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OGGI SI DIREBBE “DOP”, OGGI SI DIREBBE “MADE IN ITALY”, OGGI SI DIREBBE “MARCHIO”, OGGI SI DIREBBE “INDOTTO”, OGGI SI DIREBBE “INTERNAZIONALIZZAZIONE”, OGGI SI DIREBBE “EXPORT”, OGGI SI DIREBBE “FILIERA”, OGGI SI DIREBBE “RETE DI IMPRESE”, OGGI SI DIREBBE “DISTRETTO”, OGGI SI DIREBBE “AGROALIMENTARE”….DUEMILA ANNI FA INVENTARONO TUTTO QUI E SI CHIAMAVA “FALERNO”.
L’Agro Falerno, ossia la parte nord occidentale della grande pianura campana delimitata dalla catena del Massico e attualmente ricompresa nei territori dei Comuni di Carinola, Cellole, Falciano del Massico, Mondragone e Sessa Aurunca, è senz’altro stato uno dei territori più importanti dell’antichità, e mi riferisco all’età romana antica, per la sua rilevanza economica in quel settore produttivo e commerciale, che oggi definiremmo “strategico”, dell’agroalimentare.
In Ager Falernus si produceva,innanzi tutto ma non solo, il vino Falerno. Oltre ad essere considerato, all’epoca, il vino più pregiato, il Falerno fu probabilmente il primo prodotto della Storia ad essere etichettato con dicitura e garanzia di provenienza geografica (sui tappi delle anfore o “pitaccium”).
Il Falerno poteva, in poche parole, essere prodotto solo in una delimitata zona del mondo, altrimenti non poteva un vino prodotto altrove “fregiarsi” di quel nome e di quella considerazione.
Insomma, in Agro Falerno fu “inventato” il concetto ed il principio della DOP, dell’ “eccellenza” legata al territorio di origine.
Questo per il vino ma anche per le altre produzioni agricole e della trasformazione, laddove il concetto di filiera completa localizzata, garanzia assoluta e unica di qualità così come percepita (e certificata) nella Roma Antica riguardo l’Agro Falerno, avrebbe rimandato qualche millennio dopo al principio analogo del “made in….”, del “made in Italy” ad esempio, così come oggi viene concepito.
Il Prodotto Interno Lordo del territorio falerno è stato per centinaia di anni uno dei più ricchi del mondo conosciuto. L’ ”export”, come lo chiameremmo oggi, andava a gonfie vele ed è proprio il caso di dirlo visto le navi cariche di Falerno e di altri “prodotti tipici”, come anche in questo caso li chiameremmo oggi, che partivano dal porto di Sinuessa- Mondragone o da quello di Minturno dirette in tutti gli approdi del globo raggiungibile (nasceva un concetto di “internazionalizzazione” di vettore locale-globale di non trascurabile modernità).
Le unità produttive della zona erano le più attive e soprattutto, erano costituite da microaziende della trasformazione (le “ville rustiche” come quella in ordine alla quale stasera verra’ presentata al pubblico lo straordinario ritrovamento archeologico Mondragone) messe a sistema o, come ancora diremmo oggi, messe in “rete”. Reti produttive primarie e reti produttive di quello che, per l’ennesima volta diremmo oggi, dell ‘”indotto”.
E sì perchè in Agro Falerno si pensava proprio a tutto: ad esempio la zona era famosa anche per le fornaci dove venivano costruite le anfore e gli altri contenitori da conservazione e da trasporto. Il “packaging”, oggi si direbbe.
Fa’ un po’ rabbia pensare che territorio dell’Agro Falerno – quello in cui o per il quale furono inventati, o per la prima volta applicati, i concetti di Dop, di Made in, di “internazionalizzazione”, di “tipicità locale”, di “rete di impese”, di “sistema economico territoriale”, di “indotto” – sia oggi fermo alla quasi depressione economica. Fa un po’ rabbia pensare che oggi, la pur eccellente e rinomata produzione del vino Falerno in Campania sia pressochè misconosciuta nei mercati nazionali e internazionali che contano.
Eppure l’Agro Falerno è un patrimonio che non può e non deve essere perso. Un territorio che, come altri del territorio campano, deve assolutamente ritornare ad essere centrale per la programmazione degli asset strategici della Regione Campania.
“Terre del Falerno” è un’associazione tra Pubbliche Amministrazioni e stakeholder (imprese di produzione vitivinicola e agroalimentare, imprese turistiche e organismi di tutela e valorizzazione territoriale, istituzioni della formazione, associazioni di categoria ecc.) l’azione dei quali insiste nel territorio dell’omonimo Agro.
E’ nata per non perdere più le occasioni (la programmazione del Piano di Sviluppo Rurale 2007-20013 non ha sortito sul territorio gli effetti che potevano ipotizzarsi), per mettere in rete le risorse territoriali e renderle di nuovo “visibili” ai tavoli di direzione e programmazione degli investimenti……”
(Maria Zampi – Estratto dell’intervento al Convegno PSR Day – Conca della Campania, 11 Dicembre 2015)
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Emiliano Polia